Nelle case in cui c'era un forno (quasi tutte) si preparava la quantità necessaria almeno per due settimane.
pane varianti : pani (Lamezia) pana (Reggio Calabria)
Pane 'e granu : pane di grano pane 'e nianu: pane di granturco pane 'e castagne
pane 'e jermana : p. di farina di segale pane 'e caniglia: pane di crusca
pane lamatu: pane ammuffito pane ajimu: pane azzimo
pane tuostu: pane duro pane muoddru: pane fresco
muddriche : briciole
Levatina : lievito
Corchia : crosta
muorzu 'e pane : pezzo di pane
furnu : forno
furnata : tutta la quantità di pane o altra cosa che viene infornata.
muddrica : mollica, briciola
timpagnu: fondo della botte o del tino. Asse di cucina su cui si spiana e si lavora la farina.
mangiapane a tradimientu: uno che vive sul lavoro degli altri.
Detto:
chi avia pane moriu, chi avia fuacu campau
Chi aveva pane morì, chi aveva fuoco campò
variante:
Chi eppi pani muriu, chi eppi fuacu campau (Lamezia)
'u furnu 'e ziata, 'e mammata ecc.
nel significato letterale ci si riferisce al forno di proprietà della zia, della madre ecc.
nel significato figurato è un'espressione volgare usata per offendere una donna della famiglia. Significa che la parente in questione ha fatto tanto uso del suo sesso che questo è diventato grande quanto un forno.
Per la
lievitazione del pane una volta si usava "a levatina" una specie di
panna acida ( lievito naturale) costituita da una piccola porzione di
impasto del pane conservato dalla volta precedente . C'era l'abitudine
tra le donne di prestarselo vicendevolmente.
L'impasto (acqua, farina, lievito, sale ) veniva fatto a mano in una specie di cassa di legno (majiddra, majilla,maiddra, maida, maidda), per poi porre i pani crudi su un piano di legno (timpagnu) dove si stendeva una tovaglia. Li si copriva poi con il resto della tovaglia e una coperta di lana, per facilitare la lievitazione naturale. Qualcuno preferiva metterle sul letto e coprirle con la coperta. Su ogni pane si faceva un segno a forma di croce.
L'impasto (acqua, farina, lievito, sale ) veniva fatto a mano in una specie di cassa di legno (majiddra, majilla,maiddra, maida, maidda), per poi porre i pani crudi su un piano di legno (timpagnu) dove si stendeva una tovaglia. Li si copriva poi con il resto della tovaglia e una coperta di lana, per facilitare la lievitazione naturale. Qualcuno preferiva metterle sul letto e coprirle con la coperta. Su ogni pane si faceva un segno a forma di croce.
In seguito, a lievitazione avvenuta, si scaldava il forno (rigorosasmente a legna) e quando era ben caldo si infornava.
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