Conflenti - 18 febbraio 2023 -
vite rubate
La firma
Erano già nati sette tra fratelli e sorelle quando arrivai io
Tessere di storia del Novecento
Momenti di ricordi tra sogni, realtà e fantasia a Conflenti
Sono nata il 1926. La mia vita è stata uguale a quella di tutte le donne di allora, quelle delle famiglie povere, ossia quasi tutte. Erano già nati sette tra fratelli e sorelle quando arrivai io: i maschi, dopo i primi anni, andavano a ru mastru per imparare un mestiere oppure seguivano mio nonno e mio padre in campagna; le femmine più grandi aiutavano a crescere le più piccole; anch’io, a mia volta, incominciai a badare alle sorelle che vennero dopo di me. Ma la povertà e la mancanza di cure era così grande che le vidi morire una dopo l’altra.
A volte seguivo mia madre nei campi dove la chiamavano per la vendemmia, la mietitura o altre attività giornaliere; anche a me e ad altri bambini figli d’‘e iornatère (lavoratrici a giornata), venivano date piccole attività da compiere. La giornata era ricompensata con prodotti agricoli e a mia madre davano qualcosa in più per il mio lavoro.
Ero appena adolescente quando, con il permesso dei miei genitori, mi fidanzai con un ragazzo che avevo avuto come compagno di quelle giornate di lavoro infantile. Mio padre era molto geloso e non voleva che lui mi si avvicinasse, perciò quando veniva a casa eravamo sorvegliati e non potevamo neppure sederci vicini. Trascorsero dieci anni prima che, con il nostro lavoro, potessimo procurarci lo stretto necessario per mettere su casa, e finalmente ci siamo sposati e siamo vissuti felici.
Non andai a scuola. Negli anni ’50 in paese fecero un corso serale dove ho imparato a scrivere il mio nome e a conoscere i numeri, così oggi, quando vado a ritirare la pensione anziché mettere la croce posso fare la mia firma.
Vittoria Butera
Eugenio Giudice
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