venerdì 6 maggio 2016

Tempi nuovi, gente nuova.

Una volta le lettere che arrivavano al paese non avevano indirizzo e quindi neanche il numero civico. Soprattutto perchè la maggior parte degli emigranti erano analfabeti.  I portalettere, che erano del paese,  basandosi su tanti indizi, riuscivano però  sempre a trovare il destinatario ed erano orgogliosi per questa loro capacità. All'epoca, alcuni postini venivano citati nei giornali perché, in varie zone d'Italia, erano riusciti a consegnare la posta a un  signore   o una signora che abitava in uno sperduto casolare di campagna.


Qualche giorno fa ho letto su facebook che il portalettere di Conflenti si è rifiutato  di consegnare una lettera al destinatario, pur conoscendolo,  perché nella missiva mancava il numero civico.  Se è successo veramente così il suo atteggiamento è chiaramente da condannare.
Può darsi che abbia giustamente applicato il regolamento, ma quando l'applicazione della legge  è, come in questo caso, troppo rigida, diventa  ingiusta.
 Summum ius, summa iniuria (Sommo diritto, somma ingiustizia) affermava Cicerone; e Terenzio: Ius summum saepe summa est malitia (somma giustizia equivale spesso a somma malizia). 
Certo, la legge va applicata, ma  con buon senso.


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