La storia di Conflenti si perde nei
tempi dei tempi ed è difficile ricostruirla. Sappiamo per certo che
nel XVI secolo faceva parte della Calabria Citeriore del Regno di
Napoli ed aveva un territorio vastissimo. Di qua e di là dei monti
Reventino e Mancuso. Ricco soprattutto di boschi a folta vegetazione
e non lontano dal mare. Alcune sue frazioni, ai confini con Sambiase,
distavano pochissimo dalle acque del Tirreno.
L'economia era prevalentemente
agricola. Si coltivavano soprattutto frumento, granturco, segale. La
coltivazione delle patate, che costituirà in seguito l'elemento
principe dell'alimentazione e che aiuterà ad eliminare le carestie,
non era ancora iniziata. Si praticava anche l'allevamento di animali
vari; ovini e bovini in particolare. Le campagne erano molto
popolate. Le frazioni erano collegate tra loro da sentieri, difficili
e pericolosi. Le condizioni di vita della gente erano misere. Causa
soprattutto dei tempi. Nel 1571 c'era stata una pestilenza che aveva
colpito tutta l'Italia. Sulla costa continuavano le incursioni dei
pirati. Governo e proprietari terrieri vessavano con tasse varie il
popolo. Le famiglie erano numerose. Una gran parte di esse viveva in
una sola stanza che faceva da cucina e da camera da letto e dove
qualche volta si trovavano anche animali domestici come cani,
gatti e maiali. Solo i ricchi, oltre a case decenti, possedevano
mandrie e armenti che davano in custodia ai pastori per poco più di
un tozzo di pane. La giornata era regolata dalla luce del sole. Ci si
alzava presto e si andava a letto all'imbrunire.
In una di queste contrade abitava un
ragazzo di nome Lorenzo. Era un pastore. Ogni mattina si alzava
alle prime luci del sole e conduceva il suo gregge al pascolo. Era
un ragazzo buono, moralmente e fisicamente sano, che in poco tempo
era riuscito a conquistarsi la simpatia dei pastori più anziani.
Tra loro c'era molta solidarietà. Si aiutavano nei momenti di
bisogno; ad esempio durante il parto di una pecora o
nell'attraversamento di torbidi e irruenti ruscelli, nel mungere gli
animali, nel dividersi il povero pasto. Il ragazzo li ascoltava con
rispetto e attenzione ed essendo un tipo sveglio imparò facilmente e
velocemente il suo mestiere. La responsabilità lo rese maturo molto
prima del tempo.
Com'è consuetudine i pastori si
spostano frequentemente da un luogo all'altro, dalla pianura alla
montagna e viceversa per consentire alle bestie di trovare sempre
erba fresca e in quantità. Lorenzo si muoveva come tutti gli altri,
evitando accuratamente di penetrare nei pascoli già occupati. Di
terra ce n'era tanta e si poteva tranquillamente convivere senza
darsi fastidio. C'era un luogo però che preferiva più d'ogni altro
ed era l'altipiano al disopra di Serra Campanara, sulla via che porta
al Piano della Croce. Forse per l'ampiezza che gli consentiva di
controllare con facilità tutto il gregge, forse per il magnifico
panorama che di là si godeva e che lo portava ad ammirare tutte le
montagne al di là del Savuto. Di sera, con l'aiuto dei cani,
riportava le bestie all'ovile. D'estate, per giorni e settimane non
rientrava a casa; si fermava a dormire in una grotta o nelle
capanne di frasche da solo o insieme agli altri pastori e anche agli
animali. La sua vita non era facile, ma possiamo dire che
l'affrontava con serenità, senza lasciarsi prendere dal panico nelle
situazioni difficili. Non aveva particolari desideri e sapeva
sapientemente dividersi il pane e il companatico (di solito
formaggio) che la madre gli preparava per le sue uscite. Oltre ai
sentieri, conosceva tutte le sorgenti della zona e sapeva bene
dove saziare la sua sete o abbeverare le bestie.
Qualche volta gli piaceva giocare con i
cani e con gli agnelli che per lui erano divenuti come membri di
famiglia. S'era costruito uno zufolo che ogni tanto amava suonare e
con cui riempiva le ore di solitudine. Quando il sole batteva forte,
andava a sdraiarsi all'ombra di qualche albero e guardava il cielo.
Educato alla religione cristiana, non dimenticava mai di volgere il
suo pensiero a Dio e di recitare le preghiere che la madre gli aveva
insegnato. Gli chiedeva soprattutto di preservare lui e tutta la
famiglia da ogni male e di evitare che il lupo, che in quei tempi
si aggirava nella zona, gli causasse qualche danno. Era un buono e
la sua fiducia in Dio e nei santi era immensa. Amava particolarmente
la Madonna che considerava come una seconda mamma. E, per questo suo
amore, la mamma celeste lo premiò.
Un giorno, è il sette giugno del 1578, Lorenzo, si trova, come
avveniva spesso, nell'altipiano dove più ama stare, a ridosso
di Serra Campanara. La giornata è particolarmente afosa e per
ripararsi dai raggi del sole va a sdraiarsi sotto i rami di un
albero frondoso. Ha camminato a lungo ed è stanco per cui si
addormenta quasi subito. Ma il pensiero che il lupo, sempre in
agguato, possa approfittare del momento favorevole per portargli
via un agnello non lo abbandona neanche nel sonno. Dopo pochi minuti
eccolo di nuovo in piedi a controllare che tutto sia tranquillo.
Rassicuratosi si rimette a sedere.
Mentre se ne sta silenzioso con lo
sguardo rivolto verso il gregge, all'improvviso avviene un fatto
straordinario. Nella valle, sino ad allora avvolta nel silenzio si
diffonde una dolce armonia. Sembra venire da lontano, ma è difficile
stabilirne la provenienza. I suoni giungono da ogni lato: dall'alto,
dal basso, da destra, da sinistra, da dietro, davanti. Lorenzo gira
attorno lo sguardo per vedere cosa succede, ma non vede nulla. Poi si
volge al cielo e scorge delle nuvole che si avvicinano velocemente
dalla sua parte. Le vede infine fermarsi e addensarsi su Serra
Campanara. Il fenomeno lo stupisce, perché nella sua vita non ha
mai visto niente di simile. Le nuvole continuano ad addensarsi sempre
più numerose sulla collina e poi come in un vortice si mettono a
girare sempre più velocemente su se stesse. Improvvisi bagliori
come decine di fulmini si dirigono da tutte le parti. Salgono,
scendono, s'intrecciano, si allontanano. La luce è intensa. Più volte il ragazzo è costretto a chiudere gli occhi. Quasi ipnotizzato,
dimentico di sé e del gregge, Lorenzo guarda attentamente ciò che
avviene davanti a sé. Pensa che la fine del mondo sia prossima e
chiede aiuto a Dio per sé ed i suoi familiari. Improvvisamente quel
frastuono cessa e riprende la musica di prima. Dolcissima. Sembra un
canto degli angeli. Ed in effetti intorno alle nuvole cominciano ad
apparire delle figure che a lui sembrano angeli. I messaggeri
celesti diventano sempre più numerosi e si posano in cerchio
intorno alla nuvola centrale. Attorniata da colombi svolazzanti ecco
poi apparire una donna di meravigliosa bellezza. Veste semplicemente:
indossa un lungo abito che sembra una tunica. Ha i capelli sciolti.
E' scalza. Non porta catene, bracciali, brillanti o diademi.
Lentamente, quasi fosse essa stessa una nuvola, si sposta e va a
posarsi sull'unica quercia che campeggia su Serra Campanara.
Lorenzo rimane, nello stesso tempo, impaurito e affascinato; non sa
che fare. Continua a guardare verso la donna, circondata da luci di
mille colori. E questa infine sorridendo lo rassicura invitandolo ad
avvicinarsi. Il suo atteggiamento è molto naturale e ispira fiducia.
Pertanto il giovane pastore si dirige verso la quercia e percorre
velocemente, senza rendersene conto, la lunga distanza che li separa.
Quando giunge sotto l'albero istintivamente s'inginocchia; capisce, anche se
ancora la donna non si è manifestata, di avere davanti a sé la
Madonna; non sa perché, ma sente che le lacrime gli sgorgano dagli
occhi. Le luci lo abbagliano; non riesce a guardare. La Madonna
scende allora dall'alto e va a posarsi su una pietra di fronte a
lui (sulla pietra conservata c'è tutt'ora l'impronta). Infine gli
parla rivolgendogli dolci parole: “Lorenzo, gli dice, non aver
paura. Io sono Maria, la madre di Gesù. Sono qui per ricordare a te
e a tutti gli altri di non peccare, ma di seguire gli insegnamenti
di Gesù che per voi è morto sulla croce. Amate e perdonate. Siate
sempre pronti a compiere la volontà di Dio. Comportatevi con umiltà
e amore verso il prossimo. Lo stesso amore e la stessa umiltà con
cui mio figlio vi ha salvati. Pregate e digiunate perché questa è
la sola via verso la vostra purificazione; l'unica che vi permetterà
di conoscere e capire il Padre Celeste. Dopo che io me ne sarò
andata, va' al paese e ripeti ciò che ti ho detto. Di' ancora che
desidero che mi si costruisca una chiesa nel luogo chiamato Visora”
Mentre parla gli
indica col dito il posto dove vuole che si costruisca la sua chiesa.
Poi, leggera come
una piuma spinta dal vento, risale verso il cielo e di nuovo
circondata da colombi e da angeli rientra tra le nuvole. Queste
riprendono il movimento vorticoso di prima e si allontanano
velocemente. Pochi attimi dopo il cielo è di nuovo terso, come se
niente fosse successo. Tutt'intorno non si sente muovere una foglia.
Lorenzo resta per qualche attimo in
silenzio e inginocchiato. Poi si alza meditando se quel che ha visto
è sogno o realtà. L'aria è ancora pregna di profumi vari che
certamente segnano il passaggio di qualcuno e di qualcosa. Infine non
ha dubbi: la donna che gli è apparsa e che gli ha parlato è la
Madonna. Lasciando il gregge di cui si è completamente dimenticato,
si avvia verso il paese per raccontare agli altri ciò che ha visto e
del desiderio della Madonna. Nessuno però crede alle sue parole. Lo
prendono in giro. Dicono che le sue sono follie. Egli va poi del
prete e gli racconta della sua visione. Il sacerdote lo prende per
pazzo, gli dice ch'è peccato vantarsi di una cosa non vista e lo
ammonisce a non farlo più, altrimenti gli avrebbe negato la
comunione. “ Figurarsi che la Madonna si manifesta a un
pastorello analfabeta. A un povero straccione.” Questo è il suo
commento. E' duro nei suoi confronti e il ragazzo si sente umiliato.
Dalle sue parole viene fuori tutto il disprezzo che l'uomo di chiesa,
lui stesso venuto dal popolo, sente per la povera gente. Lorenzo
tenta in vari modi di convincere il parroco e tutti gli altri che
dice il vero, ma le risa aumentano e qualcuno gli consiglia di
ritornare a occuparsi del suo gregge e di non raccontare storie.
Vista allora l'inutilità del suo parlare, il ragazzo decide di
ritornare sul suo altipiano dove ritrova il gregge così come
l'aveva lasciato. Lì ripensa alla sua visione e si sente felice che
la Madonna abbia scelto lui per comunicare il suo messaggio. Gli
dispiace soltanto che gli altri non gli abbiano creduto e non gli
abbiano dato retta per la costruzione della chiesa. Ma, in cuor suo,
è sicuro che prima o poi il desiderio della Madonna diventerà
realtà. Ed infatti così poi avvenne.
Antonio Coltellaro
Antonio Coltellaro
1 commento:
antonio coltellaro per me tu sei grande .si tu sei la vace piu importante .la voce del mio paese .grazie infinite.so fatto una lacrima o piu . la madonna ti aiutera per la vostra dedicazione che tu profondamente esprimi grazie
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