domenica 30 giugno 2013

Il miracolo della Querciola


La storia di Conflenti si perde nei tempi dei tempi ed è difficile ricostruirla. Sappiamo per certo che nel XVI secolo faceva parte della Calabria Citeriore del Regno di Napoli ed aveva un territorio vastissimo. Di qua e di là dei monti Reventino e Mancuso. Ricco soprattutto di boschi a folta vegetazione e non lontano dal mare. Alcune sue frazioni, ai confini con Sambiase, distavano pochissimo dalle acque del Tirreno.

L'economia era prevalentemente agricola. Si coltivavano soprattutto frumento, granturco, segale. La coltivazione delle patate, che costituirà in seguito l'elemento principe dell'alimentazione e che aiuterà ad eliminare le carestie, non era ancora iniziata. Si praticava anche l'allevamento di animali vari; ovini e bovini in particolare. Le campagne erano molto popolate. Le frazioni erano collegate tra loro da sentieri, difficili e pericolosi. Le condizioni di vita della gente erano misere. Causa soprattutto dei tempi. Nel 1571 c'era stata una pestilenza che aveva colpito tutta l'Italia. Sulla costa continuavano le incursioni dei pirati. Governo e proprietari terrieri vessavano con tasse varie il popolo. Le famiglie erano numerose. Una gran parte di esse viveva in una sola stanza che faceva da cucina e da camera da letto e dove qualche volta si trovavano anche animali domestici come cani, gatti e maiali. Solo i ricchi, oltre a case decenti, possedevano mandrie e armenti che davano in custodia ai pastori per poco più di un tozzo di pane. La giornata era regolata dalla luce del sole. Ci si alzava presto e si andava a letto all'imbrunire.
In una di queste contrade abitava un ragazzo di nome Lorenzo. Era un pastore. Ogni mattina si alzava alle prime luci del sole e conduceva il suo gregge al pascolo. Era un ragazzo buono, moralmente e fisicamente sano, che in poco tempo era riuscito a conquistarsi la simpatia dei pastori più anziani. Tra loro c'era molta solidarietà. Si aiutavano nei momenti di bisogno; ad esempio durante il parto di una pecora o nell'attraversamento di torbidi e irruenti ruscelli, nel mungere gli animali, nel dividersi il povero pasto. Il ragazzo li ascoltava con rispetto e attenzione ed essendo un tipo sveglio imparò facilmente e velocemente il suo mestiere. La responsabilità lo rese maturo molto prima del tempo.
Com'è consuetudine i pastori si spostano frequentemente da un luogo all'altro, dalla pianura alla montagna e viceversa per consentire alle bestie di trovare sempre erba fresca e in quantità. Lorenzo si muoveva come tutti gli altri, evitando accuratamente di penetrare nei pascoli già occupati. Di terra ce n'era tanta e si poteva tranquillamente convivere senza darsi fastidio. C'era un luogo però che preferiva più d'ogni altro ed era l'altipiano al disopra di Serra Campanara, sulla via che porta al Piano della Croce. Forse per l'ampiezza che gli consentiva di controllare con facilità tutto il gregge, forse per il magnifico panorama che di là si godeva e che lo portava ad ammirare tutte le montagne al di là del Savuto. Di sera, con l'aiuto dei cani, riportava le bestie all'ovile. D'estate, per giorni e settimane non rientrava a casa; si fermava a dormire in una grotta o nelle capanne di frasche da solo o insieme agli altri pastori e anche agli animali. La sua vita non era facile, ma possiamo dire che l'affrontava con serenità, senza lasciarsi prendere dal panico nelle situazioni difficili. Non aveva particolari desideri e sapeva sapientemente dividersi il pane e il companatico (di solito formaggio) che la madre gli preparava per le sue uscite. Oltre ai sentieri, conosceva tutte le sorgenti della zona e sapeva bene dove saziare la sua sete o abbeverare le bestie.
Qualche volta gli piaceva giocare con i cani e con gli agnelli che per lui erano divenuti come membri di famiglia. S'era costruito uno zufolo che ogni tanto amava suonare e con cui riempiva le ore di solitudine. Quando il sole batteva forte, andava a sdraiarsi all'ombra di qualche albero e guardava il cielo. Educato alla religione cristiana, non dimenticava mai di volgere il suo pensiero a Dio e di recitare le preghiere che la madre gli aveva insegnato. Gli chiedeva soprattutto di preservare lui e tutta la famiglia da ogni male e di evitare che il lupo, che in quei tempi si aggirava nella zona, gli causasse qualche danno. Era un buono e la sua fiducia in Dio e nei santi era immensa. Amava particolarmente la Madonna che considerava come una seconda mamma. E, per questo suo amore, la mamma celeste lo premiò.
Un giorno, è il sette giugno del 1578, Lorenzo, si trova, come avveniva spesso, nell'altipiano dove più ama  stare, a ridosso di Serra Campanara. La giornata è particolarmente afosa e per ripararsi dai raggi del sole va a sdraiarsi sotto i rami di un albero frondoso. Ha camminato a lungo ed è stanco per cui si addormenta quasi subito. Ma il pensiero che il lupo, sempre in agguato, possa approfittare del momento favorevole per portargli via un agnello non lo abbandona neanche nel sonno. Dopo pochi minuti eccolo di nuovo in piedi a controllare che tutto sia tranquillo. Rassicuratosi si rimette a sedere.
Mentre se ne sta silenzioso con lo sguardo rivolto verso il gregge, all'improvviso avviene un fatto straordinario. Nella valle, sino ad allora avvolta nel silenzio si diffonde una dolce armonia. Sembra venire da lontano, ma è difficile stabilirne la provenienza. I suoni giungono da ogni lato: dall'alto, dal basso, da destra, da sinistra, da dietro, davanti. Lorenzo gira attorno lo sguardo per vedere cosa succede, ma non vede nulla. Poi si volge al cielo e scorge delle nuvole che si avvicinano velocemente dalla sua parte. Le vede infine fermarsi e addensarsi su Serra Campanara. Il fenomeno lo stupisce, perché nella sua vita non ha mai visto niente di simile. Le nuvole continuano ad addensarsi sempre più numerose sulla collina e poi come in un vortice si mettono a girare sempre più velocemente su se stesse. Improvvisi bagliori come decine di fulmini si dirigono da tutte le parti. Salgono, scendono, s'intrecciano, si allontanano. La luce è intensa.  Più volte il ragazzo  è costretto a chiudere gli occhi. Quasi ipnotizzato, dimentico di sé e del gregge, Lorenzo guarda attentamente ciò che avviene davanti a sé. Pensa che la fine del mondo sia prossima e chiede aiuto a Dio per sé ed i suoi familiari. Improvvisamente quel frastuono cessa e riprende la musica di prima. Dolcissima. Sembra un canto degli angeli. Ed in effetti intorno alle nuvole cominciano ad apparire delle figure che a lui sembrano angeli. I messaggeri celesti diventano sempre più numerosi e si posano in cerchio intorno alla nuvola centrale. Attorniata da colombi svolazzanti ecco poi apparire una donna di meravigliosa bellezza. Veste semplicemente: indossa un lungo abito che sembra una tunica. Ha i capelli sciolti. E' scalza. Non porta catene, bracciali, brillanti o diademi. Lentamente, quasi fosse essa stessa una nuvola, si sposta e va a posarsi sull'unica quercia che campeggia su Serra Campanara. Lorenzo rimane, nello stesso tempo, impaurito e affascinato; non sa che fare. Continua a guardare verso la donna, circondata da luci di mille colori. E questa infine sorridendo lo rassicura invitandolo ad avvicinarsi. Il suo atteggiamento è molto naturale e ispira fiducia. Pertanto il giovane pastore si dirige verso la quercia e percorre velocemente, senza rendersene conto, la lunga distanza che li separa. Quando giunge sotto l'albero istintivamente s'inginocchia; capisce, anche se ancora la donna non si è manifestata, di avere davanti a sé  la Madonna; non sa perché, ma sente che le lacrime gli sgorgano dagli occhi. Le luci lo abbagliano; non riesce a guardare. La Madonna scende allora dall'alto e va a posarsi su una pietra di fronte a lui (sulla pietra conservata c'è tutt'ora l'impronta). Infine gli parla rivolgendogli dolci parole: “Lorenzo, gli dice, non aver paura. Io sono Maria, la madre di Gesù. Sono qui per ricordare a te e a tutti gli altri di non peccare, ma di seguire gli insegnamenti di Gesù che per voi è morto sulla croce. Amate e perdonate. Siate sempre pronti a compiere la volontà di Dio. Comportatevi con umiltà e amore verso il prossimo. Lo stesso amore e la stessa umiltà con cui mio figlio vi ha salvati. Pregate e digiunate perché questa è la sola via verso la vostra purificazione; l'unica che vi permetterà di conoscere e capire il Padre Celeste. Dopo che io me ne sarò andata, va' al paese e ripeti ciò che ti ho detto. Di' ancora che desidero che mi si costruisca una chiesa nel luogo chiamato Visora”
Mentre parla gli indica col dito il posto dove vuole che si costruisca la sua chiesa.
Poi, leggera come una piuma spinta dal vento, risale verso il cielo e di nuovo circondata da colombi e da angeli rientra tra le nuvole. Queste riprendono il movimento vorticoso di prima e si allontanano velocemente. Pochi attimi dopo il cielo è di nuovo terso, come se niente fosse successo. Tutt'intorno non si sente muovere una foglia.
Lorenzo resta per qualche attimo in silenzio e inginocchiato. Poi si alza meditando se quel che ha visto è sogno o realtà. L'aria è ancora pregna di profumi vari che certamente segnano il passaggio di qualcuno e di qualcosa. Infine non ha dubbi: la donna che gli è apparsa e che gli ha parlato è la Madonna. Lasciando il gregge di cui si è completamente dimenticato, si avvia verso il paese per raccontare agli altri ciò che ha visto e del desiderio della Madonna. Nessuno però crede alle sue parole. Lo prendono in giro. Dicono che le sue sono follie. Egli va poi del prete e gli racconta della sua visione. Il sacerdote lo prende per pazzo, gli dice ch'è peccato vantarsi di una cosa non vista e lo ammonisce a non farlo più, altrimenti gli avrebbe negato la comunione. “ Figurarsi che la Madonna si manifesta a un pastorello analfabeta. A un povero straccione.” Questo è il suo commento. E' duro nei suoi confronti e il ragazzo si sente umiliato. Dalle sue parole viene fuori tutto il disprezzo che l'uomo di chiesa, lui stesso venuto dal popolo, sente per la povera gente. Lorenzo tenta in vari modi di convincere il parroco e tutti gli altri che dice il vero, ma le risa aumentano e qualcuno gli consiglia di ritornare a occuparsi del suo gregge e di non raccontare storie. Vista allora l'inutilità del suo parlare, il ragazzo decide di ritornare sul suo altipiano dove ritrova il gregge così come l'aveva lasciato. Lì ripensa alla sua visione e si sente felice che la Madonna abbia scelto lui per comunicare il suo messaggio. Gli dispiace soltanto che gli altri non gli abbiano creduto e non gli abbiano dato retta per la costruzione della chiesa. Ma, in cuor suo, è sicuro che prima o poi il desiderio della Madonna diventerà realtà. Ed infatti così poi avvenne.

                                                                                                                Antonio Coltellaro


1 commento:

Anonimo ha detto...

antonio coltellaro per me tu sei grande .si tu sei la vace piu importante .la voce del mio paese .grazie infinite.so fatto una lacrima o piu . la madonna ti aiutera per la vostra dedicazione che tu profondamente esprimi grazie