Canto funebre per una chiesa
Nulla è più definitivo del provvisorio.
La storia della chiesa di San Nicola a
Conflenti Superiore sembra inverosimile, purtroppo è vera.
Costruita nel Quattrocento, se non
prima (i documenti ufficiali risalgono a questo secolo), la chiesa ha
resistito per secoli ad alluvioni, terremoti, smottamenti e malanni
vari. Ha avuto diverse ristrutturazioni; le ultime due risalgono al
1940 circa e 1950 circa. Sino agli inizi degli anni sessanta era perfettamente
funzionante e ad ogni festività importante strapiena di fedeli. Lì
si svolgevano battesimi, cresime, matrimoni e funerali. Ogni tanto ospitava
missionari e predicatori di grande fama. Poi il prete del tempo
(don Riccardo), ha pensato bene (o male?) di rivederne il
maquillage; qualche ritocchino qua e là per darle nuovo splendore.
Anche gli edifici antichi hanno bisogno, di tanto in tanto, di
operazioni di restyling. Roba di poco conto, da spendere poco, da
fare in poco tempo e ...da fare bella figura. Velocemente fu
eseguito un progetto che altrettanto velocemente fu approvato e
furono stanziati i soldi per i lavori. Si traslocò in un'altra
chiesa, Madonna di Loreto, dove si andò volentieri, perché il
trasferimento, così ci dissero, sarebbe stato provvisorio. E noi ci
abbiamo creduto. Tutti aspettavamo con ansia di rientrare al
più presto nella vecchia chiesa, rimessa a nuovo, magari con una messa solenne con la partecipazione di vescovi e sacerdoti. Cioè una di quelle messe che per la loro magnificenza si ricordano per tutta una vita. Da allora sono passati cinquant'anni e non è successo niente. Aspettiamo ancora. Qualcosa o qualcuno ha ostacolato l'esecuzione dei lavori e non se n'è più parlato. La chiesa, ovviamente, nel corso di questi anni è andata in rovina ed è diventata un rudere. Gli arredi sacri sono spariti e l'organo a canne è andato a suonare da qualche altra parte. Qual è la situazione adesso? Silenzio assoluto. Nessuno sa niente o nessuno vuol saper niente. Tutto lascia prevedere che di anni ne passeranno ancora tanti sino a quando non si deciderà di demolire completamente la chiesa. Forse per fare una piazza o un parcheggio; certamente, a parere di tanti, molto più utile alla cittadinanza. A questo punto, visto com'è ridotto l'edificio, forse la soluzione migliore per porre fine alla sua lunga agonia.
più presto nella vecchia chiesa, rimessa a nuovo, magari con una messa solenne con la partecipazione di vescovi e sacerdoti. Cioè una di quelle messe che per la loro magnificenza si ricordano per tutta una vita. Da allora sono passati cinquant'anni e non è successo niente. Aspettiamo ancora. Qualcosa o qualcuno ha ostacolato l'esecuzione dei lavori e non se n'è più parlato. La chiesa, ovviamente, nel corso di questi anni è andata in rovina ed è diventata un rudere. Gli arredi sacri sono spariti e l'organo a canne è andato a suonare da qualche altra parte. Qual è la situazione adesso? Silenzio assoluto. Nessuno sa niente o nessuno vuol saper niente. Tutto lascia prevedere che di anni ne passeranno ancora tanti sino a quando non si deciderà di demolire completamente la chiesa. Forse per fare una piazza o un parcheggio; certamente, a parere di tanti, molto più utile alla cittadinanza. A questo punto, visto com'è ridotto l'edificio, forse la soluzione migliore per porre fine alla sua lunga agonia.
Resta però il
fatto che davanti agli occhi di tutti, nel corso di questi anni, si
è consumato un delitto (come chiamarlo altrimenti?) di cui siamo
tutti, poco o molto, responsabili: istituzioni religiose, politiche e
la stessa comunità del paese. Nel disinteresse generale, è avvenuto
il decadimento totale della chiesa. E' stato un po' come vedere
una persona cadere, soffrire, girarle intorno, pronunciare parole
di commiserazione, ma non muovere un dito per aiutarla. Di cose, in
questo lungo periodo, se ne potevano fare tantissime, ma è mancata
la volontà di farle. Non sono mancati i soldi, perché quelli,
almeno al momento, c'erano. Chi aveva il potere d'intervenire, non
importa chi, ha evitato di farlo e ha preferito volgere il suo
sguardo (e i soldi?) altrove. Si sa : “ubi maior, minor cessat “
e per qualcuno, evidentemente, San Nicola era minor. Poi come
si poteva pretendere che gente non locale avesse a cuore i problemi
del nostro paese? Come del resto non si può neanche pretendere che
tutti abbiano uguale sensibilità e lo stesso apprezzamento per i
beni storici e culturali.
Dicono: ma a
Conflenti Superiore non ci sono più abitanti; di chiese ne basta
solo una. Certo di chiese una basta e avanza per tutto il paese, ma
San Nicola non era soltanto una chiesa. Innanzitutto era il nostro
monumento più antico, una delle chiese più antiche e importanti
del circondario e questo sarebbe stato da solo un motivo più che
sufficiente per curare con più attenzione il nostro patrimonio
artistico. Ma il motivo più valido è che questa chiesa era ed è
il simbolo dell'identità culturale e religiosa di Conflenti
Superiore. La nostra comunità è nata e si è sviluppata intorno a
San Nicola. Attorno alla chiesa, com'è provato dalla documentazione
esistente, gravitava la vita lavorativa di centinaia di persone.
Molti mestieri sono nati in funzione della chiesa. Ad esempio, per
citarne uno, gli indoratori. Qui è stata anche, a lungo, la sede
del nostro cimitero. Conflenti Superiore e San Nicola sono due cose
inscindibili. Legati a doppio filo. L'uno chiama l'altro.
Piaccia o non
piaccia, la presenza di questa chiesa, sorta quasi certamente su un
preesistente monastero basiliano, prova che i nostri antenati
provenivano da altri paesi, molto probabilmente dalla Grecia. Così
come lo provano il nostro dialetto e le nostre tradizioni. La nostra
storia è diversa da quella di Conflenti Inferiore; né migliore né
peggiore, ma diversa, e la chiesa di San Nicola costituisce la
testimonianza più probante del nostro passato. Demolirla significa
dare un taglio netto alla nostra storia; togliere un punto di
riferimento importante ai nostri figli e ai nostri nipoti.
E' inutile piangere
sul latte versato, ma tanta gente avrebbe dovuto essere più attenta
all'esistenza di questa chiesa e avere più rispetto per la nostra
storia.
Antonio Coltellaro
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