Mario B. era nato da un matrimonio combinato, rivelatosi in seguito molto scombinato. I genitori erano cugini "carnali". Lei, dicono, molto bella; lui, molto danaroso; tornato al paese dopo aver lavorato per anni in America. Si sposarono e non vissero felici. Un matrimonio burrascoso. L'uomo era molto geloso e seguiva la moglie passo dopo passo e anche quando questa si recava alla fontana, da una torretta costruita sul tetto della casa, con un binocolo ne controllava i movimenti. Trovava sempre il pretesto per rimproverarla e, dicono, spesso la picchiava. La vita per lei, dal giorno delle nozze, diventò un inferno da cui non riuscì mai a liberarsi. Nacque Mario, ma nella loro vita non produsse nessun cambiamento. La donna viveva segregata in casa. Si ammalò; resistette poco, poi morì. Sul piccolo Mario si scatenò la rabbia assurda del padre. Lo riempiva di botte e di rimproveri. Pertanto lo rovinò nel fisico e nel carattere. Il ragazzo crebbe solitario sia per sfuggire agli scherzi dei compagni, sia perché nessuno lo aiutò per toglierlo dalle grinfie del padre-padrone.
E passarono gli anni; tanti. Sempre eguali; di una solitudine e una tristezza infinite. Mario restò solo, separato dal mondo; senza alcun diritto; rassegnato ad accettare la vita così com'era e contento, forse, di avere qualcosa da mangiare. Poi il padre si risposò; la matrigna non si preoccupò molto di lui, ma almeno qualche volta gli rivolgeva la parola. Nacquero altri fratelli e su di loro cadde quasi esclusivamente l'attenzione dei genitori. Per Mario fu un vantaggio: d'allora fu più libero di muoversi; restava giornate intere fuori e volse il suo sguardo intorno. Cercò e cominciò a capire qualcosa del mondo che lo circondava e a destreggiarsi con spirito indipendente. Di tanto in tanto faceva qualche lavorino (tra l'altro, al servizio di un distributore, portava le bombole del gas nelle case) e riuscì a guadagnare qualche lira. Iniziò a parlare con la gente. La sua fortuna ebbe inizio quando il resto della famiglia decise di trasferirsi al Nord. Rimasto solo, fu obbligato a gestire la sua vita e a risolvere di volta in volta i suoi problemi quotidiani. Diventò un altro. Più attento alla vita che gli ruotava attorno. Con i soldi di una piccola pensione riuscì a sopravvivere. I rapporti con la gente diventarono quasi normali. Parlava ed esprimeva il suo pensiero e cominciò a sorridere. Gli ultimi anni della sua vita, se non felici, furono sereni. Si concesse dei " lussi": comprò la lavatrice, faceva venire in casa una donna per le pulizie; frequentò le terme di Caronte; fece un abbonamento per farsi portare il pranzo a casa. Fece più attenzione all'abbigliamento. Si accontentava di poco e passava le sue giornate spostandosi da un angolo all'altro del paese, da una panchina all'altra, osservando la gente che passava con discrezione. A sera ritornava tranquillo nella sua casa. Ormai faceva parte della comunità. Infine in silenzio com'era stato durante la sua vita se n'è andato. Ciao Mario.
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