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E passarono gli anni; tanti. Sempre eguali; di una solitudine e una tristezza infinite. Mario restò solo, separato dal mondo; senza alcun diritto; rassegnato ad accettare la vita così com'era e contento, forse, di avere qualcosa da mangiare. Poi il padre si risposò; la matrigna non si preoccupò molto di lui, ma almeno qualche volta gli rivolgeva la parola. Nacquero altri fratelli e su di loro cadde quasi esclusivamente l'attenzione dei genitori. Per Mario fu un vantaggio: d'allora fu più libero di muoversi; restava giornate intere fuori e volse il suo sguardo intorno. Cercò e cominciò a capire qualcosa del mondo che lo circondava e a destreggiarsi con spirito indipendente. Di tanto in tanto faceva qualche lavorino (tra l'altro, al servizio di un distributore, portava le bombole del gas nelle case) e riuscì a guadagnare qualche lira. Iniziò a parlare con la gente. La sua fortuna ebbe inizio quando il resto della famiglia decise di trasferirsi al Nord. Rimasto solo, fu obbligato a gestire la sua vita e a risolvere di volta in volta i suoi problemi quotidiani. Diventò un altro. Più attento alla vita che gli ruotava attorno. Con i soldi di una piccola pensione riuscì a sopravvivere. I rapporti con la gente diventarono quasi normali. Parlava ed esprimeva il suo pensiero e cominciò a sorridere. Gli ultimi anni della sua vita, se non felici, furono sereni. Si concesse dei " lussi": comprò la lavatrice, faceva venire in casa una donna per le pulizie; frequentò le terme di Caronte; fece un abbonamento per farsi portare il pranzo a casa. Fece più attenzione all'abbigliamento. Si accontentava di poco e passava le sue giornate spostandosi da un angolo all'altro del paese, da una panchina all'altra, osservando la gente che passava con discrezione. A sera ritornava tranquillo nella sua casa. Ormai faceva parte della comunità. Infine in silenzio com'era stato durante la sua vita se n'è andato. Ciao Mario.
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