martedì 6 agosto 2019

Mario B

Mario B. era nato da un matrimonio combinato,  rivelatosi in seguito molto scombinato. I genitori  erano cugini "carnali".  Lei, dicono, molto  bella; lui, molto danaroso; tornato al paese  dopo aver lavorato per anni in America. Si sposarono e non vissero felici. Un matrimonio burrascoso. L'uomo era molto geloso e seguiva la moglie passo dopo passo e anche  quando questa si recava alla fontana, da una torretta costruita sul tetto della casa, con un binocolo ne controllava i  movimenti.  Trovava sempre il pretesto per rimproverarla  e, dicono, spesso la picchiava. La vita per lei, dal giorno delle nozze, diventò un inferno da cui non riuscì mai a liberarsi. Nacque Mario, ma nella loro vita non produsse nessun cambiamento. La donna viveva segregata in casa. Si ammalò; resistette poco, poi morì. Sul piccolo Mario si scatenò la rabbia assurda del padre. Lo riempiva di botte e di rimproveri. Pertanto lo rovinò nel fisico e nel carattere. Il ragazzo crebbe solitario sia per sfuggire agli scherzi dei  compagni, sia  perché nessuno lo aiutò per toglierlo dalle grinfie del padre-padrone.

 E passarono gli anni; tanti. Sempre eguali; di una solitudine e una tristezza infinite. Mario restò solo, separato dal mondo; senza alcun diritto; rassegnato ad accettare la vita così com'era e contento, forse, di avere qualcosa da mangiare. Poi il padre si risposò; la matrigna non si preoccupò molto di lui, ma almeno qualche volta gli rivolgeva la parola. Nacquero altri fratelli  e su di loro cadde quasi esclusivamente l'attenzione dei genitori. Per Mario fu un vantaggio: d'allora fu più libero di muoversi; restava giornate intere fuori e volse il suo sguardo intorno. Cercò e cominciò a capire qualcosa del mondo che lo circondava e a destreggiarsi con spirito indipendente. Di tanto in tanto faceva qualche lavorino (tra l'altro, al servizio di un distributore, portava le bombole del gas nelle case) e riuscì a guadagnare qualche lira. Iniziò a parlare  con la gente. La sua fortuna ebbe inizio quando il resto della famiglia decise di trasferirsi al Nord. Rimasto solo, fu obbligato a gestire  la sua vita e a  risolvere  di volta in volta i suoi problemi quotidiani. Diventò un altro. Più attento alla vita che gli ruotava attorno. Con i soldi di una piccola pensione riuscì a sopravvivere. I rapporti con la gente diventarono quasi normali.   Parlava  ed esprimeva il suo pensiero e cominciò a sorridere. Gli ultimi anni della sua vita, se non felici, furono sereni. Si concesse dei " lussi": comprò la lavatrice, faceva venire in casa una donna per  le pulizie; frequentò  le terme  di Caronte; fece un abbonamento per  farsi portare il pranzo a casa.  Fece più attenzione all'abbigliamento. Si accontentava di poco e passava le sue giornate spostandosi da un angolo all'altro del paese, da una panchina all'altra, osservando la gente che passava con discrezione. A sera ritornava  tranquillo nella sua casa. Ormai faceva parte della comunità. Infine in silenzio com'era stato durante la sua vita se n'è andato. Ciao Mario.

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