La ruga era il luogo dove una volta si nasceva, si cresceva e si moriva. Il posto di una vita. Indicava lo spazio di due-tre vie collegate tra loro. Ricca di gente di varie generazioni, era come una casa a cielo aperto dove tutti si conoscevano.
Ce n'erano tante nel paese, ognuna con le sue particolarità. Chianu, chianiettu, Trazzinu, Madonna u ritu, Maruatti ecc. a Conflenti Superiore; a Madonna, a mmaculata, santandria, a ntinna, u Piru, a Posta vecchia, San giuanni, e Destre o ciambre ecc. a Conflenti Inferiore.
Ogni ruga aveva i suoi odori, sapori, colori; tutto era familiare: le voci, i rumori, persino le pietre.
Nella ruga nascevano amori e odi profondi. C'erano liti furibonde, gesti di grande solidarietà. Spesso i colloqui avvenivano da una finestra all'altra, ma qualche volta se un'imposta s'apriva un'altra si chiudeva rumorosamente; a sottolineare rancori e risentimenti di vecchia data.
Ci si prestava tutto: zucchero, sale e ra levatina per fare il pane. Sì, perché in quasi tutte le case c'era un forno.
Nelle vie, tra i zancari, razzolavano gli animali: cani, gatti, galline
e qualche maiale.
Ogni ruga aveva i suoi artigiani: cistari, varrilari, scarpari.
A ra via suprana di cestai, negli anni cinquanta, ce n'erano quattro: Affredu Marotta, Gesuele, Affronzu e Gianni u breu; c'erano anche due varrilari: Generoso e Nicola Marotta; nu scarparu: Lucianu u mutu; più tardi sono arrivati Galante (cestaio) e Peppinu d'Assuntina (scarparu). Nella zona c'era anche un muratore: Peppe u paracu.
A ri maruotti erano tutti varrilari: Peppinu Ciminu, Cicciu Marotta e tutti i suoi figli; i taliani (Peppinu, Giuanni ecc.); c'era nu scarparu: Geniu Vesciu.
Custulieri e custulere predominavano a Conflenti Inferiore, ma se ne trovavano in varie zone del paese.
Grispeddrare ce n'erano tante, in tutte le vie, ma la maggior parte si trovava in zona Chianiettu-Maruotti. Qualche nome? Ervira Farina, a Pamposcia, e Rusareddre, Tiresa a brea, Ida Rasu (era puru mastazzolara) Maria a brea ecc.
Noi bambini e ragazzi difficilmente ci spostavamo dalla nostra zona, né gli altri venivano da noi. Ognunu a ra ruga sua. Difendevamo il nostro territorio e se qualcuno arrivava da un'altra parte ci organizzavamo per farlo andare via. "vavatinne a ra ruga tua" era la frase che ripetevamo più di frequente. Qualche volta, esclusivamente i maschi, armati di bastoni, organizzavamo delle spedizioni punitive verso altre rughe.
Immagine tipica della ruga erano le donne sedute a crocchio sugli scalini di casa. Si raccontavano storie, facevano pettegolezzi, si passavano le notizie del giorno.
Allora a ruga era piena di vita; di canti, urli e pianti. Oggi non è che un ricordo; popolata solo di fantasmi.
3 commenti:
armenu tu vai ncuna vota ppevidire chine ccesta ancora mappe tanti e nue erimastu sulu nu suannu de rughe e tutti quanti ccure destre ere mache ,ccuri varrilari ari cistajiuali e sarte eri sartajiuali .si ebbuanu sentire inumi de tanta gente emmistiari gia dimenticati sulu nu suannu dellatra parte .grazie pere memorie denu jiuarnu luntanu.
Certe volte è meglio non andarci; per non vedere la desolazione che c'è.
aiu fattu ncuna lacrima o due , ma chidde rughe o vinedde sunu parte de chiddu chisimu nue.
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