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secondo la stagione, ci recavamo qua o là per fare lavori o raccogliere frutta. In autunno uno dei posti dove andavamo frequentemente erano le parmentelle, un castagneto al di là del fiume. Percorrevamo a piedi un sentiero che dal paese, dopo una lunga discesa, ci portava in alto a circa 800 metri.
Mia madre era agile nel camminare ed io facevo fatica a tenerle il passo. Si camminava quasi senza parlare. Il suo obiettivo era di arrivare velocemente e di non perdersi in chiacchiere. Naturalmente era sempre vigile nel controllarmi e a fare attenzione che non passassi da punti pericolosi. Se ciò succedeva, si fermava e mi
aiutava. La sua era una finta indifferenza. Era anche un suo modo per responsabilizzarmi ed aiutarmi a crescere.
Si usciva dal paese da una piazza che chiamavano e chiamano Chianiettu; una delle poche vie che ha conservato il suo nome popolare. Della maggior parte delle altre, come del resto d'Italia, si sono impossessati i Savoia.
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attenzione a dove mettevi i piedi perchè altrimenti pestavi "le
montagnole" e ti portavi dietro per lungo tempo odori sgradevoli. Poi si proseguiva verso il fiume. Più che una via, era un canalone che serviva, nei giorni di pioggia, a convogliare le acque.
Si scendeva facile e in poco tempo si arrivava al fiume; il primo, perché nel paese, anche se piccoli, di fiumi ne abbiamo due che confluiscono. Per attraversarlo c'era un ponte di legno. Scivoloso e senza barriere di protezione ai lati. Una prova lampante dell'inefficienza delle varie amministrazioni comunali che si sono
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Passando accanto al mulino si sentiva il rumore dell'acqua e delle
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Qui non c'era un ponte e si attraversava saltando su enormi sassi che emergevano dall'acqua. Nei giorni di piena si saliva più in alto dove il passaggio era più facile. Cominciava allora la salita attraverso i castagneti. C'erano un po' di tornanti e il cammino era molto ripido. Incontravamo spesso donne che con le fascine sulla testa e a piedi nudi rientravano dal Reventino (un territorio del Demanio dove si poteva raccogliere liberamente la legna). Nel periodo della raccolta delle castagne s'incontrava anche molta gente che raccoglieva i frutti lungo il sentiero, perché si diceva che tutto ciò che era fuori delle proprietà apparteneva a tutti. Ed era una regola che tutti rispettavano. Chiaro che quando c'è da prendere sono tutti d'accordo. Naturalmente c'era chi, in assenza del proprietario, si spingeva più in là della via e velocemente entrava e usciva dai terreni privati raccogliendo la maggior quantità possibile del frutto. Ricordo bene le proprietà che attraversavamo: quella di Maria a chencia, Jacinta ecc. Lungo il percorso c'era una sorgente, dove anche se non avevo sete, mi fermavo a bere. La chiamavano a funtana e Micciu.
Infine c'era un ultimo strappo, fatto il quale si arrivava alle parmentelle. Nell'interno della proprietà avevamo una piccola costruzione chiamata caseddra dove venivano conservate e pelate le castagne. Al nostro arrivo ci dirigevamo sempre lì e mia madre controllava che tutto fosse in regola. Tranquillizzatasi, perlustrava il castagneto e se notava qualcosa di strano cominciava a borbottare o ad imprecare. Poi, nel periodo della raccolta, iniziava a raccogliere i frutti. Era una donna abile e veloce e non stava a perdere tempo. Riempiva un sacco velocemente e non l'ho mai vista concedersi pause di riposo. Sia allora come altre volte lavorava come se non sentisse la fatica. A me, per non farmi sentire inutile faceva fare piccoli lavori. Oppure mi dava un panaro per riempirlo di castagne.
Di solito restavamo lì un paio d'ore, ma era sempre lei a decidere il momento del ritorno. Sia perché riteneva d'aver fatto ciò che aveva stabilito di fare sia perché si avvicinava l'ora di pranzo o, se eravamo andati di pomeriggio, appena cominciava ad imbrunire. Non avevamo orologi, ma dall'ombra degli alberi lei sapeva sempre calcolare l'ora esatta. Il ritorno non avveniva mai a mani vuote. C'era sempre qualcosa da portare via: legna, castagne o foglie che mia madre si caricava in testa e, senza fare una sosta, portava sino a casa. Lo faceva con tale naturalezza che non mi sembrava che facesse fatica.
In discesa, sino al fiume, sapeva dosare il passo. Riattraversavamo i fiumi e sentieri con gli stessi pericoli dell'andata e infine affrontavamo la salita verso il paese. Una volta a casa, mia madre s'avviava in cucina e preparava da mangiare. Come per tutte le donne del paese, finito un lavoro ne cominciava un altro. Allora era questa la vita delle donne.
Antonio Coltellaro
2 commenti:
si tu ccu sta storia ai apiartu u core a tanti cujientari ,ma a tanti cujientari sanu fuarzi bagnatu nu maccaturu o due de mimorie de nu tiampu fa .bravu ntoni pperi riciuardi denavota .Gazie PPere cose de tiampi nuastri
Ho appena letto il tuo articolo (Al di là del fiume). Complimenti. Mi hai riportato
alla mia adolescenza. Mentre tu, con tua mamma, andavi in campagna ogni
tanto io, quando era il tempo di raccogliere le castagne, ci dovevo andare
tutti i giorni ad aiutare a mamma perche` allora papa`aveva la bottega
e non poteva aiutarla e ricordo che iniziavo l`anno scolastico con tre settimane di ritardo.
Tanti cari saluti Ciao.
Bruno
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