giovedì 27 marzo 2014

Volo di rondini

Tra i ricordi della mia infanzia ne ho uno molto chiaro nella mente: il volo delle rondini; appuntamento fisso ogni sera all'imbrunire a San Nicola o a ra Madonna u ritu.
A quell'ora le rondini arrivavano da tutte le parti a decine, forse a centinaia, e andavano a posizionarsi sui fili della corrente elettrica. All'inizio c'era qualche piccola baruffa per conquistare un posto, poi tutte in fila si preparavano al gran finale dello spettacolo serale.




 I primi voli erano singoli e timidi. Piccole prove, quasi esercizi di riscaldamento prima di impegnarsi seriamente nella prova principale e dare luogo a mille evoluzioni. Gli uccelli si lanciavano in tutte le direzioni con voli ora brevi ora lunghi; verso il basso, verso l'alto, a destra e sinistra; andavano, venivano, si lanciavano in picchiata con stop improvvisi, poi ripartivano; cambiavano direzione; acceleravano o rallentavano; qualche volta gareggiavano in potenza, altre volte si disinteressavano di ciò che succedeva intorno e si lasciavano andare in tranquilli voli planati; qualcuno si spingeva così in alto da scomparire alla vista, qualcun altro te lo trovavi, improvvisamente vicino, quasi a sfiorarti il viso, come sorto dal nulla. Sembravano bambini che si divertivano a sperimentare nuove acrobazie.
Era una festa unica con un chiasso immenso. Un inno alla bellezza della natura e alla gioia della vita. In seguito la partecipazione diventava corale. Le rondini, tutte insieme, si libravano in volo con un sincronismo perfetto come ad un segnale convenuto, dando prova di una sorprendente coordinazione; poi in cielo si aprivano a ventaglio, disegnando immagini varie e di un'incomparabile bellezza. Tali e quali i fuochi d'artificio quando esplodono in aria e assumono forme diverse. Sembrava quasi che tra di loro ci fosse una sfida continua a fare l'esercizio più difficile, a superarsi in abilità e mettersi in mostra per suscitare l'ammirazione della gente. Io le guardavo affascinato, dimenticando per molto tempo il mondo circostante. Seguivo ora l'una ora l'altra ammirando le spettacolari coreografie disegnate nel cielo. Invidiavo la loro destrezza. Osservavo e temevo che avvenisse uno scontro frontale, che, per fortuna, non accadeva mai perché riuscivano sempre a sfiorarsi al millimetro senza toccarsi.
Infine, quando il buio diventava più fitto, ad una ad una rientravano nel loro nido e nella piazza, pervasa prima da mille cinguettii, subentrava il silenzio assoluto.

                                                                              A. Coltellaro

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