Tra i ricordi della mia infanzia ne ho
uno molto chiaro nella mente: il volo delle rondini; appuntamento
fisso ogni sera all'imbrunire a San Nicola o a ra Madonna u ritu.
A quell'ora le rondini arrivavano da
tutte le parti a decine, forse a centinaia, e andavano a
posizionarsi sui fili della corrente elettrica. All'inizio c'era
qualche piccola baruffa per conquistare un posto, poi tutte in fila
si preparavano al gran finale dello spettacolo serale.
I primi voli erano singoli e
timidi. Piccole prove, quasi esercizi di riscaldamento prima di
impegnarsi seriamente nella prova principale e dare luogo a mille
evoluzioni. Gli uccelli si lanciavano in tutte le direzioni con voli
ora brevi ora lunghi; verso il basso, verso l'alto, a destra e
sinistra; andavano, venivano, si lanciavano in picchiata con stop
improvvisi, poi ripartivano; cambiavano direzione; acceleravano o
rallentavano; qualche volta gareggiavano in potenza, altre volte si
disinteressavano di ciò che succedeva intorno e si lasciavano
andare in tranquilli voli planati; qualcuno si spingeva così in alto
da scomparire alla vista, qualcun altro te lo trovavi,
improvvisamente vicino, quasi a sfiorarti il viso, come sorto dal
nulla. Sembravano bambini che si divertivano a sperimentare nuove
acrobazie.
Era una festa unica con un chiasso
immenso. Un inno alla bellezza della natura e alla gioia della
vita. In seguito la partecipazione diventava corale. Le rondini,
tutte insieme, si libravano in volo con un sincronismo perfetto come
ad un segnale convenuto, dando prova di una sorprendente
coordinazione; poi in cielo si aprivano a ventaglio, disegnando
immagini varie e di un'incomparabile bellezza. Tali e quali i
fuochi d'artificio quando esplodono in aria e assumono forme
diverse. Sembrava quasi che tra di loro ci fosse una sfida continua
a fare l'esercizio più difficile, a superarsi in abilità e
mettersi in mostra per suscitare l'ammirazione della gente. Io le
guardavo affascinato, dimenticando per molto tempo il mondo
circostante. Seguivo ora l'una ora l'altra ammirando le spettacolari
coreografie disegnate nel cielo. Invidiavo la loro destrezza.
Osservavo e temevo che avvenisse uno scontro frontale, che, per
fortuna, non accadeva mai perché riuscivano sempre a sfiorarsi al
millimetro senza toccarsi.
Infine, quando il buio diventava più
fitto, ad una ad una rientravano nel loro nido e nella piazza,
pervasa prima da mille cinguettii, subentrava il silenzio assoluto.
A. Coltellaro
Nessun commento:
Posta un commento