giovedì 6 marzo 2014

Massimino Raso

Massimino Raso


   Non ricordo quale paralisi  gli aveva  paralizzato le gambe o forse era nato con quella menomazione.
  Nelle belle giornate  i familiari lo sistemavano su un banchetto davanti casa, ai margini della strada, in modo che si distraesse vedendo la gente.


 I passanti erano numerosi, essendo quella la strada principale ed anche la via dell'acqua per la presenza di sorgive e delle vasche comunali. nelle quali le donne lavavano piccoli capi del bucato. Tutti, senza interrompere il proprio cammino né rallentare il passo, gli rivolgevano uno spezzone di discorso.  Si trattava di una battuta sul tempo, un interessamento alla sua salute, ma poteva anche essere un curioso quanto inutile: " Che cosa hai mangiato oggi? ", oppure un laconico: " Che?", rivelatore dello stato d'animo di chi non era riuscito ad improvvisare una domanda fatta di niente né sapeva quale riflessione a carattere generale formulare pur di adeguarsi ai convenevoli locali.
La madre Bettina
La sorella Ida
     Interrompeva la visione della gente per intonare la sua eterna canzone: " Piccola  santa, che mi giurasti amor presso un torrente..."; cantava con commozione, immedesimandosi nella storia finché sopraffato dall'emozione, l'intonazione canora si andava dissolvendo nel pianto.
   Dagli interni domestici provenivano gli accenti appassionati  della sorella, che intonava: " Scrivimi/ non lasciarmi qui in pena/ una frase un rigo appena/ calmeranno il mio dolor".
   Così si alternavano nel canto- racconto di un'eterna vicenda d''amore.
 Avendo fatto lo sforzo di portarlo fuori, i familiari lo lasciavano "all'aria" per  l'intera giornata: seduto con la schiena alla siepe, mangiava; adagiato al bastone, si concedeva pause di sonno.
A sera, finito il tempo svago, lo ritiravano in casa.

                                                                da  "  I Colori " di Vittoria Butera pag.  217

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