Avevo 16 anni e mi ero appena diplomata quando, in seguito a domanda di supplenza in Provveditorato, mi fu assegnata verso i primi di novembre del 1937 la scuola rurale di Annetta, frazione di Conflenti a circa un'ora di cammino a piedi dal paese. Dico " a piedi" perché allora le distanze si coprivano con questo solo mezzo e cioè " pedibus calcantibus et saepe pedibus nudis ".
Il primo giorno mi avviai con mia madre e mia sorella che doveva restare con me a farmi compagnia e a seguire le lezioni a scuola (aveva solo otto anni).
La mamma portava le provviste per la settimana, parlava con le contadine del posto raccomandandomi alle loro attenzioni. Poi se ne scendeva in paese col cuore gonfio e inorgoglita di avere una figlia maestra, la prima, per di più giovanissima, tra i signori maestri, amati e rispettati: donna Giorgetta, donna Nella, Umberto Caruso, Giovanni Butera, noto soprattutto per i "pizzuluni" che lasciavano i lividi per diversi giorni.
La scuola era in uno stanzone enorme dove, abitualmente, si teneva il raccolto. Adesso ospitava i bambini dai 6 agli 11 anni; venivano da Lisca, Chianu 'u Janni, Serra d'Acino, Valentune, Nucitu, Savucina ecc. I primi tempi venivano per lo più accompagnati da familiari, curiosi di conoscere la maestra e di farsi conoscere.
I maschi, più grandicelli, avevano già un'esperienza lavorativa: pascolavano il bestiame e aiutavano i genitori nei piccoli lavori: raccogliere la legna, tagliarla, zappettare ecc. Arrivavano trafelati, dopo aver fatto di corsa i "tratturi" che conoscevano a memoria. Erano spavaldi, già uomini in miniatura rotti alla fatica e abituati alla miseria.
Portavano i vestiti che erano stati del padre o del fratello maggiore, mai lavati perché si sarebbero sciupati per cui sopra la stoffa c'era come una patina impermeabile e sulla manica destra piccole stille mai del tutto asciugate.
Questa era la mia classe, cioè la mia pluriclasse dalla 1a alla 5a.
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