giovedì 24 luglio 2025

lunedì 21 luglio 2025

sabato 19 luglio 2025

venerdì 18 luglio 2025

Dante Raso (autore conflentese)

 LU MIU PAISE

--Tant'anni chi nun bbiju 'u miu paise
Chi ha ggalline e ppuorci 'nquantitate.
Taffarellate 'e rose d'ogne mmise,
Le pampine jettavamu a re strate...
Sta ssempre 'mpalaccatu 'u paisiellu
Ma cce nascieru gente ccu ccerviellu!...

Sempre lu piensu e mi nne vorria gghjre;
Vidire chire vie scravaricchjate;
Le vinelluzze...cchju nun puozzu dire;
Si le mumnizze, 'a Trisca, l'ha scupate...
Le ficazzane e, pue, sgallannu rizzi
Passare me facissi 'i ghiribizzi...

Tra chira gioventu, lla, sugnu stranu
Ca mourti suno 'i guali - a mmie cumpagni.
Iu sugnu arraganatu, 'u vette mmanu;
Sugnu varrile senza li timpagni!...
La vucca m'e rrestata senza dienti;
Oh, Diu! Vuogliu morire a ri Cujjienti!...

Dante Raso


Note: bbiju:  vedo - 'nquantitate: in quantità   pampine: foglie  'mpalaccatu: infangato palacchi: zaccheri  
 gghire (jire): andare. vinelluzze:viuzze munnizza: immondizia  sgallare ; smallare rizzu: riccio vette: bastone
Trisca: nome di una donna conflentese. ficazzane: fichi. 
arraganatu : rantoloso  timpagno: fondo
 
 (Sono) tanti anni che non vedo il mio paese
che ha  galline e porci in quantirà
Coperchiate di rose di ogni mese
Le foglie buttavamo nelle strade...
E' sempre pieno di fango il paesello
ma ci nacquero gente di cerbvello 
 
 

martedì 15 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - La scuola di Annetta- 5 (seconda parte)

 La lezione.

La lezione era uguale per tutti; fondamentale era saper leggere, scrivere le proprie generalità, conoscere la tavola pitagorica e le quattro operazioni. Era già tanto  se si riusciva a tenerli in classe. Per suscitare il loro interesse bisognava farli parlare di sé, dei loro animali, dei loro lavori. Non conoscevano giochi. Era bravo chi correva di più o chi era più furbo. Qualche volta una nonna restava davanti la scuola  ad aspettare la nipotina. Allora io l'invitavo a entrare e lei si sedeva accanto al braciere e continuava a filare.

 Ai rintocchi della mezza che arrivavano dalla campana del paese i  ragazzi  sciamavano felici in diverse direzioni e io mi accingevo a preparare il pranzo per me  e mia sorella. Spesso però mangiavamo coi contadini: " Maestra, vieni a mangiare con noi! Era Pasquale il vecchio che  vigilava su di me. C'era anche Pasquale il nipote che spesso mi  accompagnava quando andavo in giro per le campagne o scendevo al paese. Emigrato poi, lui come tanti altri, in Australia. Quei ragazzi oggi sono uomini e donne fatti, alcuni diplomati o laureati.Ne incontro talvolta qualcuno che si fa riconoscere. Uno (Ciconte) voleva picchiarmi per  restituirmi le botte che aveva ricevuto. Naturalmente scherzava, ma metteva a nudo la crudele abitudine che avevano un tempo gli insegnanti; l'allievo sapeva che se non studiava, se non capiva non era il voto che doveva classificarlo, ma la punizione: in ginocchio sul mais, 20 bacchettate sulle mani, una tirata di orecchi che ti sembrava dovessero staccarsi. Eppure ancora dopo tanti anni, dopo una vita, tutti continuano a dire: il mio maestro, la mia maestra. Oggi la scuola ad Annetta non esiste più. I ragazzi vanno in paese, motorizzati. I vecchi si ricordano ancora e noi maestri

conserviamo ancora nella mente quella pagina meravigliosa e nel cuore i volti dei piccoli allievi.

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Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - La scuola di Annetta- 5 (prima parte)

 Avevo 16 anni e mi ero appena diplomata quando, in seguito a domanda di supplenza in Provveditorato, mi fu assegnata verso i primi di novembre del 1937 la scuola rurale di Annetta, frazione di Conflenti a circa un'ora  di cammino a piedi  dal paese.  Dico " a piedi" perché allora le distanze si coprivano con questo solo mezzo e cioè " pedibus calcantibus et saepe pedibus nudis ".

Il primo giorno mi avviai con mia madre  e mia sorella che doveva restare con me a farmi compagnia e a seguire le lezioni a scuola (aveva solo otto anni).

La mamma portava le provviste per la settimana, parlava con le contadine del posto raccomandandomi  alle loro attenzioni. Poi se ne scendeva in paese col cuore gonfio e inorgoglita di avere una figlia maestra, la prima, per di più giovanissima, tra i signori maestri, amati e rispettati: donna Giorgetta, donna Nella, Umberto Caruso, Giovanni Butera, noto soprattutto per i "pizzuluni" che lasciavano i lividi per diversi giorni.

La scuola era in uno stanzone enorme dove, abitualmente, si teneva il raccolto. Adesso ospitava i bambini dai 6 agli 11 anni;  venivano  da Lisca, Chianu 'u Janni, Serra d'Acino, Valentune, Nucitu, Savucina ecc. I primi tempi venivano per lo più accompagnati da familiari, curiosi di conoscere la  maestra  e di farsi conoscere.

I maschi, più grandicelli, avevano già un'esperienza  lavorativa: pascolavano il bestiame e aiutavano i genitori nei piccoli lavori: raccogliere la legna, tagliarla, zappettare ecc. Arrivavano trafelati, dopo aver fatto di corsa i "tratturi" che conoscevano a memoria. Erano spavaldi, già uomini in miniatura rotti  alla fatica e abituati alla miseria.

Portavano i vestiti che erano stati del padre  o del fratello maggiore, mai lavati perché  si sarebbero sciupati per cui sopra la stoffa c'era come una patina impermeabile e sulla manica destra piccole stille mai del tutto asciugate.

Questa era la mia classe, cioè la mia pluriclasse dalla 1a alla 5a.



domenica 13 luglio 2025

Officina Zoè


 

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - Le vecchie - 4

 Le vecchie erano le persone più afflitte. 

Trascorrevano le lunghe, interminabili ore del giorno d'inverno accanto al fuoco a scaldarsi le ossa rose dal'artrite: d'estate cercavano il sole sullo scalino della porta.

Esse erano i contenitori della sapienza. Sapevano le storie vere e le leggende. Conoscevano del paese fatti e misfatti e di ogni persona tutto l'albero genealogico intessuto di bene e soprattutto di male.

Per la ragazzina che la spidocchiava la vecchia diventava un'epopea dove agivano spiriti e briganti, fattucchiere e folletti, guardie e ladri; e tesori... tanti tesori da scoprire.

E chi ne pagava lo scotto era il povero pidocchio.


sabato 12 luglio 2025

venerdì 11 luglio 2025


 

giovedì 10 luglio 2025

mercoledì 9 luglio 2025

Piccole piante.

 Amenta: menta

Acciu: sedano

Petrusinu: prezzemolo.

Vasilicoi: basilico.

Lauru: alloro.

Ariganu: origano.

lunedì 7 luglio 2025

ditti

 Va a finire a brodu 'e ciciari.

Non si conclude niente.

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - 3 - Spidocchiamento.

 D'estate, nelle ore calde, si cercava un po' di refrigerio nelle stradine aperte, negli incroci per godere del ponentino.

Erano ore di riposo, di chiacchiere, di piccoli lavori e di spidocchiamento. Era facile vedere una ragazza con la testa poggiata sulle ginocchia materne e la madre aprirle lentamente le ciocche e avventarsi sul parassita  stringendolo tra le dita e schiacciandolo poi con voluttà tra le unghie dei pollici.

Il lavoro continuava per ore  cercando di liberare i capelli di quei piccoli semini bianchi che la femmina vi aveva attecchito con tanta arte. Erano infatti  a uguale distanza, ma uno a destra e l'altro a sinistra. Si prendeva il filo di capello dall'alto e tenendolo stretto tra le unghie si scivolava sino in fondo, liberando al vento le uova che non avrebbero più generato.

 

domenica 6 luglio 2025

Murales a Conflenti.


 

Modi di dire

 Aguannu chi vene: l'anno prossimo.

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - Cimici e pulci -2

In casa l'acqua era centellinata. Una bacinella era sufficiente per tutte le abluzioni, dalla testa ai piedi. Ci si curava poco dell'igiene. E come si poteva se mancava l'acqua o il cesso? Mal comune ... 
 Così le case erano infestate di scarafaggi, formiche, topi e quant'altro vive vicino all'uomo.
I letti pullulavano di cimici, di pulci. Le pulci erano fastidiose: pungevano e volavano via. Non facevi mai in tempo a schiacciarle con le dita. Con le cimici la battaglia poteva sembrare vittoriosa perché appena accendevi la luce si muovevano incerte e lasciavano sotto il dito e sul lenzuolo una scia rossa e un odore nauseabondo. Poi, in ritirata, andavano ad annidarsi nei buchi delle tavole. Ogni notte le punture interrompevano il sonno più volte. Al mattino di tutte quelle battaglie cruente rimanevano i segni rossi e l'ira incontenibile di chi si sente continuamente sconfitto.
Ben diversa era la piaga dei pidocchi. Facevano più senso negli uomini, specialmente quando gli passeggiavano sul collo della camicia. " Sei come il pidocchio. Svergogni chi ti dà da mangiare"
Era il detto che indicava ipocriti e parassiti. Infestavano soprattutto le chiome delle fanciulle e delle vecchie.

sabato 5 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) 1

 Nel paese si viveva come in famiglia. Si celebravano  le feste radunandosi nelle case, suonando e ballando. Ogni occasione era buona per ritrovarsi a parte le ricorrenze speciali, quali l'uccisione del maiale, la mietitura, la raccolta delle castagne o delle patate. Un'occasione particolare era quando s'infornavano le castagne; s'invitavano i vicini e i parenti e tra risa e racconti piccanti si schiacciavano le bucce calde tra le dita e si brindava con un bicchiere di vino nuovo appena spillato. Erano momenti d'intensa euforia durante i quali i diverbi passati non contavano più, anzi si facevano progetti per l'avvenire e i giovani si scambiavano occhiate eloquenti sotto lo sguardo complice dei genitori.Il giorno dopo si litigava  per l'acqua del fiume che il vicino deviava più del convenuto nel suo terreno.

L'acqua era tutta lì, nel fiume "Cavineddre". Da lì, serpeggiando e chiusa in canali, andava nei vari  terrazzi delle proprietà private.  Le amiche di ieri, oggi avevano parole dure, invettive feroci e urli leonini l'una contro l'altra se non si osservava l'orario  convenuto.

Nessuna portava l'orologio, ma sapeva leggere nel sole  o nel cielo  o nell'ombra l'ora che le toccava.

Nel fiume le donne andavano a lavare i panni; d'estate ogni otto o quindici giorni; d'inverno una volta al mese o  a fine stagione; perché d'estate il cambio di biancheria avveniva una volta alla settimana; d'inverno le coperte di lana (le mante), o quelle di stracci (fringi) vi restavano per tutta la stagione. (continua)


Apertura di una stuzzicheria a Conflenti: kumukala.


 

Apertura degli uffici postali.

 Conflenti – 

Conflenti – L’Amministrazione comunale di Conflenti, guidata dal Sindaco Emilio Francesco D’Assisi, comunica ufficialmente "di aver ricevuto da Poste Italiane una nota con cui si dispone una rimodulazione temporanea dell’apertura dell’ufficio postale di Conflenti, che resterà chiuso nei giorni 15, 17, 22, 24 e 29 luglio". Una scelta che l’Amministrazione definisce "inaccettabile e incoerente con le esigenze reali del territorio, soprattutto in un periodo come quello estivo che rappresenta per Conflenti un momento di forte vitalità sociale e turistica".

 





Il Sindaco D’Assisi ha inviato una lettera formale di protesta alla Filiale di Poste Italiane di Catanzaro, chiedendo l’immediata revoca del provvedimento. In quella sede ha scritto: “A Conflenti i mesi estivi rappresentano il momento di massima vitalità del paese: rientrano i nostri concittadini emigrati, si intensificano le presenze turistiche e si svolgono eventi culturali e religiosi che aumentano sensibilmente il fabbisogno di servizi pubblici essenziali”.

E ancora continua D'Assisi: "Ridurre il servizio proprio nel periodo di maggiore affluenza significa ostacolare i residenti e offrire un’immagine negativa ai tanti visitatori. Una scelta simile contraddice la logica di servizio pubblico e mina la fiducia nelle istituzioni, soprattutto in territori già penalizzati". L’Amministrazione - fanno sapere inoltre - si è già attivata anche presso altri canali istituzionali per segnalare il disagio e tutelare i diritti della comunità. Continuerà a vigilare affinché Conflenti non venga abbandonata nei momenti in cui, al contrario, ha più bisogno di attenzione e presenza da parte dello Stato.

venerdì 4 luglio 2025

modi di dire dialettali.

 jettare l'orvara: soffrire profondamente.

trovare na licerta a due cude: essere fortunato.