Figlia dio genitori immigrati
Essendo nata in Australia, in una città meravigliosa, Myrtleford, con molti immigrati italiani, era normale parlare Calabrese ed Italiano prima di andare a scuola.
Era normale anche avere panini con salame e uova bolliti, e spesso scambiavo i biscotti e le torte fatti in casa di mamma con la torta di mandorle della mia amica Toscana.
L'interpretazione era un evento quasi quotidiano. Non solo la lingua, intendiamoci. Ad esempio, una conversazione: Nuova conoscenza: "Adelina, piacere di conoscerti". Mamma: "cume' grassa".
"Cosa ha detto?" Io: "Ha detto che sei bellissima". Non è che mia madre fosse scortese, ha solo parlato con onestà.
A volte mi preoccupo quando i miei stessi figli non mi capiscono mentre parlo, poiché sto tornando alla mia prima lingua come invecchio. Ma poi mia figlia mi dice: "Oh mio Dio mamma, non ho un filtro quando parlo", e io sorrido e penso: "La mamma continua a vivere". O quando mia figlia inizia a 'mpastare e grispelle' con tutto il cuore, mentre non mi piace rovinarmi le mani e le unghie, penso, "lo prende da sua Nonna".
L'interpretazione si è rivelata molto utile durante i colloqui tra genitori e insegnanti a scuola. Quando la maestra diceva qualcosa del tipo “Maria potrebbe applicarsi di più o comportarsi meglio in classe”, la Mamma sentiva “Tutto e' buonu Ma” e la maestra mi guardava con sospetto mentre io e Mamma sorridevamo. Non venivo quasi mai chiamata per nome. Pensavo che essere chiamata “Diavola, Sciumiuta, Micciuta”, e peggio che qui non posso citare, fosse normale.
Ma a volte la mamma mi sorprendeva perché, anche se non parlava bene in Inglese, riusciva a capire quasi tutto. L'ho scoperto quando ho avuto i miei gemelli e l'infermiera della salute materna è venuta a trovarli a casa. Abbiamo avuto una conversazione molto privata su me stesso e sulla mia salute con la mamma seduta lì vicino, pensando che non potesse capire quello che stavamo dicendo. L’infermiera ha poi condotto un esame fisico di mio figlio e ha detto: "Penso che potrebbe avere un solo testicolo .” Ebbene, la mamma è balzata in piedi, si è avvicinata all'infermiera e ha detto in un Inglese fortemente accentato “No DUE! L’ho controllato io stessa! Uno dei tanti momenti imbarazzanti di essere intrappolata tra due culture.
Crescendo, uccidere il maiale ogni Giugno era normale, così come mangiare risimoglie, coracciu e mangiare ossa grandi come il mio cane. Allo stesso modo era normale mangiare la trippa, dopo che una delle mie pecorelle “da compagnia” era stata sgozzata. Non mi sono mai resa conto di quanto fossi fortunata, quando papà ci faceva salame, prosciutto, pancetta e capocollo, vino e aceto fatti in casa. Ho ancora mezza bottiglia del suo aceto solo così posso sentire l’odore ogni tanto, e ricordarlo, come faccio con un po' di limoncello fatto da mamma. Non mi sembrava strano tornare a casa da scuola e spostare la capra da una parte all’altra della fattoria; sono caduta e stata sbattuta da dietro solo una volta. Gli animali avevano nomi come “Murinella” ma si trovava un nome solo per la capra che forniva il latte, perché tutto il resto finiva nel piatto.
Mamma e papà unirono le due lingue quando gli andava bene. Ad esempio, la "curria" o cintura è diventata "a streppa". Papà avrebbe dovuto solo menzionarlo o fare un movimento verso la sua vita ed io avrei gia iniziato a correre. La mamma doveva solo darmi “lo sguardo” o dire “si te pigliu” ed io mi mettevo a correre. Senza mai avesse iniziato a morderle il dito e a battere i piedi, correrei a casa della mia amica per qualche ora. Per fortuna ho imparato a correre piuttosto veloce quindi non ho potuto assaggiare la streppa molto spesso.
I visitatori entravano e uscivano dalla casa mentre io mi occupavo della ‘macchinetta’ o caffettiera. Ricordo ancora il caffè che frusciava nelle tazzine mentre le portavo nervosamente sull'enorme "guantiera" sperando di non versarne e di ricevere uno degli sguardi di mamma. Tutti quelli più grandi di me erano "Zia/Zio" o "Comare/Compare". Andavamo spesso anche a loro casa e se il padrone di casa mi offriva un biscotto dovevo prima guardare papà ed aspettare che annuisse prima di poterne mangiare uno.
Dato che sono nata quando mamma aveva quasi quarant'anni e papà quasi cinquanta, ho trascorso la gran parte della mia infanzia con persone più anziane, cosa che stranamente mi è piaciuta. Mi piaceva trascorrere una giornata cuocendo taralli o frescine nel forno all'aperto della amica di mamma, o andando a raccogliere le olive con i miei nonni. Ero il "riparatore di orologi/speglie" per tanti amici, e anche il sintonizzatora delle TV. Quando Papà è invecchiato, sono diventata una brava cambialampadine, pittrice e tuttofare in generale.
Quindi è stata facile questa esistenza interculturale? Certamente no. A volte era imbarazzante, a volte stancante. Ma non lo cambierei per nulla al mondo. I miei genitori mi hanno insegnato che per avere successo devi lavorare duro (e hanno lavorato molto duramente nella loro piantagione di tabacco) e che i tuoi anziani devono essere rispettati in ogni momento. Venivano da umili origini e tuttavia sono riusciti ad iniziare una nuova vita dall'altra parte del mondo, cosa che so per esperienza diretta non è facile. Con semplici ingredienti freschi, siamo cresciuti con quello che oggi è cibo gourmet.
Ora mi trovo in un paese con pochissimi italiani ed isolata dalla mia cultura, lingua ed eredità. Ora i miei animali domestici sono diventati ‘Murinella’ e ‘Pirilla’, e parlo con loro in Calabrese, e non so come capiscono, ma quando dico "Si te pigliu" corrono per salvarsi la vita.
Nessun commento:
Posta un commento