sabato 23 marzo 2019

Terremoto del 27 marzo 1638 a Nicastro.

  Questa catastrofe si estese su tutta la costa occidentale della Calabria e distrusse completamente cinquanta paesi e città, facendo 12.000 vittime. Ma in nessun luogo i danni furono così spaventosi quanto a Nicastro. La città crollò quasi completamente; pochi furono gli edifici che restarono in piedi, e anche questi furono gravemente danneggiati. Perirono 1190 persone sotterrate dalle macerie, più di un quinto della popolazione di allora. Era la vigilia della domenica delle Palme. La gente del popolo uscita per andare a lavorare nei campi fu generalmente risparmiata, mentre la grande maggioranza della nobiltà fu annientata in un solo colpo. Essa era, in effetti, riunita per una cerimonia religiosa nella chiesa di San Francesco, il cui crollo improvviso sotto l'effetto della prima scossa schiacciò tutti quelli che vi si trovavano, con eccezione di un piccolo numero. Le grandi vie larghe che si vedono adesso nella parte inferiore della città sono state costruite quando essa si risollevò dalle rovine, dopo il terremoto.

(  da La Magna Grecia di F. Lenormant. Traduzione di Antonio Coltellaro) 




Quelli del 1638 sono anche i terremoti più distruttivi che, negli ultimi 1000 anni, hanno interessato il settore centro-settentrionale della Calabria. Inoltre, sono eventi ben documentati, descritti da numerose relazioni e memorie pubblicate a breve distanza dal disastro. Testimonianze, osservazioni dirette e resoconti di prima mano costituiscono un cospicuo e attendibile patrimonio di informazioni che ha permesso ai sismologi storici di determinare con precisione l’area dei danni più gravi e l’estensione della zona colpita, nonché di delineare l’impatto sociale ed economico dell’evento. Le prime scosse distruttive avvennero nei giorni 27 e 28 marzo e colpirono un’ampia fascia del versante tirrenico tra la Valle del Crati e il Vibonese; il secondo forte terremoto avvenne l’8 giugno e causò gravissimi danni prevalentemente sul versante ionico della Sila. In questo articolo verranno descritti i terremoti del marzo 1638, riservandoci di trattare quello di giugno in un articolo futuro.
La prima forte scossa avvenne nel pomeriggio del 27 marzo 1638, verso il tramonto (alle ore 21 e mezza in orario “all’italiana”), e fu un evento catastrofico, con effetti che raggiunsero il grado 11 della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg). Nel Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11, che riprende lo studio di Guidoboni et al. (2007), questo terremoto è riportato come un’unica grande scossa con magnitudo equivalente (calcolata sulla base della distribuzione delle intensità macrosismiche) Mw pari a 7.0, tra le più elevate della storia sismica italiana. Secondo altri autori, tuttavia, le distruzioni furono causate da almeno 3 distinte e violentissime scosse avvenute tra il 27 e il 28 marzo (Galli & Bosi, 2003). Quella del pomeriggio del giorno 27, un sabato, fu la più forte e colpì il territorio compreso tra l’alta Valle del Crati e la valle del Savuto, a sud di Cosenza, al confine tra le attuali province di Cosenza e di Catanzaro, dove diversi paesi – tra cui Diano, Carpanzano, Martirano, Conflenti, Motta Santa Lucia, Rogliano, Grimaldi, Scigliano, Savuto, Mangone – furono completamente rasi al suolo (Guidoboni et al. 2007). Il giorno successivo, 28 marzo (che quell’anno coincideva con la domenica delle Palme), due nuove forti scosse colpirono il territorio posto immediatamente a sud di quello interessato dalla prima, forte scossa. Questi due nuovi eventi colpirono la parte nord-occidentale della Stretta di Catanzaro, nella zona tra Sambiase, Lamezia Terme e Sant’Eufemia, e la zona del Vibonese, sul versante occidentale delle Serre, estendendo così verso sud l’area degli effetti distruttivi rispetto al terremoto del 27 marzo.

 - 27 marzo 1638 terremoto: a Pietramala 53 morti. Il terribile sisma del 1638 causò in Calabria migliaia di vittime: esse furono molte in Ajello, dove "ruinarono magior parte delle case", ed il castello venne gravemente danneggiato. La città, così come la terra di Pietramala, si vide costretta a rinnovare la richiesta di sgravi fiscali già avanzata a seguito della crisi. I morti furono 53.

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