giovedì 26 aprile 2018

Destinata a ra Merica di Vittoria Butera



Durante la seconda guerra mondiale arrivarono gli americani in Calabria. Forse perché avevano nostalgia dei loro figli lontani, regalavano caramelle e biscotti ai bambini che incontravano per la strada. Qualcuno regalava anche tavolette di cioccolata e le gomme da masticare che non avevamo mai visto. Noi per contraccambiare davamo a loro i dolci che facevamo in casa con il miele, ‘e mastazzola.


Le ragazze eravamo affascinate da quei soldati sorridenti, puliti, con le pistole lucide, e ce ne innamoravamo segretamente. Ci sembravano tutti bellissimi, anche quelli nìguri. Vedendoli si apriva nei nostri cuori un sentimento nuovo, fatto di meraviglia e di stupore per il mondo sconosciuto a cui appartenevano. Tutte sognavamo di sposarne uno e di andare con lui in America a fare una vita diversa da quella che facevamo in paese. C’erano ragazze che accettavano di sposarsi per procura pur di realizzare il sogno di andare in America, senza conoscere il marito se non per fotografia e senza sapere a cosa andavano incontro. Ma solo una mia amica ebbe la fortuna che un soldato di quelli se ne innamorò veramente e se la sposò: ‘u distinu suu era de jire a ra Merica, ‘u miu e de l’àutre guagliùne de restare a penijàre a ‘stu paìse.

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