lunedì 6 marzo 2023

Il colpo di fulmine.

 Il colpo di fulmine 

 Conflenti - Domenica 26 febbraio 2023 - 

vite rubate


Il colpo di fulmine 


Mi vide che andavo a messa la domenica e s’innamorò di me.

Fu un colpo di fulmine come non succedeva a quei tempi, perché non avevamo occasioni d’incontrarci e stare insieme uomini e donne.


Tessere di storia del Novecento 

Momenti di ricordi tra sogni, realtà e fantasia a Conflenti


 

Chistu chi mo’ m’edi maritu mi vide che andavo a messa la domenica e s’innamorò di me. Io mi accorsi della sua intenzione e ricambiai subito il suo sentimento. Fu un colpo di fulmine come non succedeva a quei tempi, perché non avevamo occasioni d’incontrarci e stare insieme uomini e donne. Veramente, la domenica e le mattine di festa quando le donne andavamo a messa, gli scapoli si mettevano in piazza per scegliere ‘a guagliuna. Incominciavano a jettare l’ùacchiju (a soffermarsi su una), però non potevano avvicinarsi perché spettava alla famiglia cumminare i matrimmùani (organizzare i matrimoni).

Noi incominciammo a mandarci messaggi con una persona fidata. Quando ci incontravamo per la via, non doveva nemmeno salutarmi a distanza. Se si avvicinava a me o anche se mi guardava apertamente comprometteva la mia reputazione. Una ragazza compromessa era una vergogna per la sua famiglia e nessuno la chiedeva in matrimonio.

Nella mia situazione, le cose si complicarono perché lui non mandò subito a casa per fare la richiesta ufficiale, avendo bisogno di tempo per convincere la famiglia della sua scelta. I miei genitori s’avìanu addunatu ca iu facìa l’amuri all’ammucciuni (s’erano accorti che io amoreggiavo di nascosto), ma non avendo ricevuto ‘a mbasciata (la proposta matrimoniale), mi organizzarono il matrimonio con un altro che diventò il mio fidanzato. Ero ormai in età da marito avendo diciotto anni, e loro non potevano rischiare di lasciarmi senza sistemazione.

Io non potevo rifiutare la decisione che le famiglie avevano preso, ma non volevo rinunciare al giovane che mi piaceva, perciò dopo circa un anno da quando ci mandavamo ‘e mmasciatelle (ci scambiavamo i messaggi) decidemmo di scappare.

Una notte, verso le tre, misi qualche indumento nel fondo di un sacco, e scesi dalla finestra. Lui mi aspettava nella strada sottostante; mi aiutò a scendere e ci rifugiammo in casa di un suo amico. Qui rimanemmo tre giorni, il tempo necessario ai parenti per preparare i miei genitori a prendere atto dell’accaduto.

Subito fu organizzato un matrimonio affrettato e noi due abbiamo vissuto contenti e sempre felici.

Vittoria Butera

Eugenio Giudice

1 commento:

Anonimo ha detto...

cumu nu furmine sinne scapparu .cumu facieru du gianti chi canuscia iu unu da costa ennatru da cerzudda .na vota chira fimmina diciu ca de venneri e de luni se spusanu i bbaruin, ppecchi donnu riccardu unce dava a pussibilita mu cce facia u ritu dematrimmuniu cumu facia ppennu matrimuniu cumu facia ppellatri .come era la nostra usanza.