sabato 21 gennaio 2017

Un porco in fuga.

Oggi sono poche le famiglie che allevano il maiale per proprio uso e consumo. La maggior parte preferisce comprarlo bell'e  squartato e poi farsi insaccare le carni dagli esperti.Una volta in ogni famiglia, di porci se ne allevavano almeno due, uno grande e uno piccolo (rivuotu). Gli unici a non preoccuparsi di allevare o fare allevare un maiale erano il prete e il sacrestano, ma loro non avevano bisogno di prepararsi il salame perché a Pasqua, quando facevano il giro per benedire le case, ne raccoglievano tanto che avrebbero potuto aprire una salumeria.


Il rito dell'uccisione del maiale  era un evento di grande importanza, una festa familiare che superava Natale e Pasqua e costituiva il giorno più atteso dell'anno, anche perché era forse l'unica occasione in cui ci ci abbuffava veramente.  Avveniva  di solito fra i primi di dicembre e la fine di febbraio. Le operazioni duravano circa tre giorni: si preparava la legna, " a quadara", una corda ben solida per issare e legare  in tutta tranquillità il maiale e  tutto l'occorrente per poter insaccare la carne.
Il giorno fissato per l'uccisione del maiale, la persona che l'aveva nutrito per tutto l'anno, di solito la padrona, lo conduceva con qualche castagna o patata nel luogo stabilito  per l'operazione. " Pitari, pitari, pitari teh " era questo il modo di chiamarlo e di invitarlo a procedere. Per non avere bambini in mezzo ai piedi, li mandavano tutti a " circare tartiegnu".
Appena il maiale arrivava in prossimità di una grossa panca, preparata per l'occasione, di colpo, quattro uomini robusti lo bloccavano e cercavano di buttarlo a terra, mentre un altro tentava velocemente di legargli le zampe; una volta immobilizzato, uno degli uomini con un coltello ben affilato gli assestava un bel colpo dalla parte della giugulare. Le cose dovevano procedere velocemente perché se c'era un attimo di esitazione il maiale poteva riprender vigore e liberarsi.
Qualche volta la cosa avveniva; il maiale scappava e, col sangue che gli scorreva a fiotti, si lanciava all'impazzata per le vie del paese
travolgendo tutto quello che gli si parava davanti e seminando il terrore. La gente urlava, le porte si chiudevano; le galline si alzavano in volo: una confusione incredibile che i bambini aumentavano, perché come nella corsa dei tori a Pamplona si mettevano sulla via del maiale per salvarsi poi all'ultimo momento nel portone più vicino. Era un divertimento unico, ricco di emozioni indicibili, " fantasticamente" pericoloso. Generalmente il tutto terminava col maiale che , ormai privo di forze, sia per la corsa , sia per la perdita di sangue, si abbatteva per terra, esalando l'ultimo respiro.
Quando le cose procedevano regolarmente si uccideva l'animale conficcando il coltello nella giugulare e facendo sgorgare  il sangue che veniva raccolto in piccoli o grandi secchi. Subito dopo si passava a pelarlo. Gli uomini iniziavano con un coltello a raspare la pelle, mentre le donne portavano acqua bollente in continuazione.

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