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martedì 15 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - La scuola di Annetta- 5 (prima parte)

 Avevo 16 anni e mi ero appena diplomata quando, in seguito a domanda di supplenza in Provveditorato, mi fu assegnata verso i primi di novembre del 1937 la scuola rurale di Annetta, frazione di Conflenti a circa un'ora  di cammino a piedi  dal paese.  Dico " a piedi" perché allora le distanze si coprivano con questo solo mezzo e cioè " pedibus calcantibus et saepe pedibus nudis ".

Il primo giorno mi avviai con mia madre  e mia sorella che doveva restare con me a farmi compagnia e a seguire le lezioni a scuola (aveva solo otto anni).

La mamma portava le provviste per la settimana, parlava con le contadine del posto raccomandandomi  alle loro attenzioni. Poi se ne scendeva in paese col cuore gonfio e inorgoglita di avere una figlia maestra, la prima, per di più giovanissima, tra i signori maestri, amati e rispettati: donna Giorgetta, donna Nella, Umberto Caruso, Giovanni Butera, noto soprattutto per i "pizzuluni" che lasciavano i lividi per diversi giorni.

La scuola era in uno stanzone enorme dove, abitualmente, si teneva il raccolto. Adesso ospitava i bambini dai 6 agli 11 anni;  venivano  da Lisca, Chianu 'u Janni, Serra d'Acino, Valentune, Nucitu, Savucina ecc. I primi tempi venivano per lo più accompagnati da familiari, curiosi di conoscere la  maestra  e di farsi conoscere.

I maschi, più grandicelli, avevano già un'esperienza  lavorativa: pascolavano il bestiame e aiutavano i genitori nei piccoli lavori: raccogliere la legna, tagliarla, zappettare ecc. Arrivavano trafelati, dopo aver fatto di corsa i "tratturi" che conoscevano a memoria. Erano spavaldi, già uomini in miniatura rotti  alla fatica e abituati alla miseria.

Portavano i vestiti che erano stati del padre  o del fratello maggiore, mai lavati perché  si sarebbero sciupati per cui sopra la stoffa c'era come una patina impermeabile e sulla manica destra piccole stille mai del tutto asciugate.

Questa era la mia classe, cioè la mia pluriclasse dalla 1a alla 5a.



domenica 13 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - Le vecchie - 4

 Le vecchie erano le persone più afflitte. 

Trascorrevano le lunghe, interminabili ore del giorno d'inverno accanto al fuoco a scaldarsi le ossa rose dal'artrite: d'estate cercavano il sole sullo scalino della porta.

Esse erano i contenitori della sapienza. Sapevano le storie vere e le leggende. Conoscevano del paese fatti e misfatti e di ogni persona tutto l'albero genealogico intessuto di bene e soprattutto di male.

Per la ragazzina che la spidocchiava la vecchia diventava un'epopea dove agivano spiriti e briganti, fattucchiere e folletti, guardie e ladri; e tesori... tanti tesori da scoprire.

E chi ne pagava lo scotto era il povero pidocchio.


lunedì 7 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - 3 - Spidocchiamento.

 D'estate, nelle ore calde, si cercava un po' di refrigerio nelle stradine aperte, negli incroci per godere del ponentino.

Erano ore di riposo, di chiacchiere, di piccoli lavori e di spidocchiamento. Era facile vedere una ragazza con la testa poggiata sulle ginocchia materne e la madre aprirle lentamente le ciocche e avventarsi sul parassita  stringendolo tra le dita e schiacciandolo poi con voluttà tra le unghie dei pollici.

Il lavoro continuava per ore  cercando di liberare i capelli di quei piccoli semini bianchi che la femmina vi aveva attecchito con tanta arte. Erano infatti  a uguale distanza, ma uno a destra e l'altro a sinistra. Si prendeva il filo di capello dall'alto e tenendolo stretto tra le unghie si scivolava sino in fondo, liberando al vento le uova che non avrebbero più generato.

 

domenica 6 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) - Cimici e pulci -2

In casa l'acqua era centellinata. Una bacinella era sufficiente per tutte le abluzioni, dalla testa ai piedi. Ci si curava poco dell'igiene. E come si poteva se mancava l'acqua o il cesso? Mal comune ... 
 Così le case erano infestate di scarafaggi, formiche, topi e quant'altro vive vicino all'uomo.
I letti pullulavano di cimici, di pulci. Le pulci erano fastidiose: pungevano e volavano via. Non facevi mai in tempo a schiacciarle con le dita. Con le cimici la battaglia poteva sembrare vittoriosa perché appena accendevi la luce si muovevano incerte e lasciavano sotto il dito e sul lenzuolo una scia rossa e un odore nauseabondo. Poi, in ritirata, andavano ad annidarsi nei buchi delle tavole. Ogni notte le punture interrompevano il sonno più volte. Al mattino di tutte quelle battaglie cruente rimanevano i segni rossi e l'ira incontenibile di chi si sente continuamente sconfitto.
Ben diversa era la piaga dei pidocchi. Facevano più senso negli uomini, specialmente quando gli passeggiavano sul collo della camicia. " Sei come il pidocchio. Svergogni chi ti dà da mangiare"
Era il detto che indicava ipocriti e parassiti. Infestavano soprattutto le chiome delle fanciulle e delle vecchie.

sabato 5 luglio 2025

Costumi di paese di Maria Coltellaro (1921- 2008) 1

 Nel paese si viveva come in famiglia. Si celebravano  le feste radunandosi nelle case, suonando e ballando. Ogni occasione era buona per ritrovarsi a parte le ricorrenze speciali, quali l'uccisione del maiale, la mietitura, la raccolta delle castagne o delle patate. Un'occasione particolare era quando s'infornavano le castagne; s'invitavano i vicini e i parenti e tra risa e racconti piccanti si schiacciavano le bucce calde tra le dita e si brindava con un bicchiere di vino nuovo appena spillato. Erano momenti d'intensa euforia durante i quali i diverbi passati non contavano più, anzi si facevano progetti per l'avvenire e i giovani si scambiavano occhiate eloquenti sotto lo sguardo complice dei genitori.Il giorno dopo si litigava  per l'acqua del fiume che il vicino deviava più del convenuto nel suo terreno.

L'acqua era tutta lì, nel fiume "Cavineddre". Da lì, serpeggiando e chiusa in canali, andava nei vari  terrazzi delle proprietà private.  Le amiche di ieri, oggi avevano parole dure, invettive feroci e urli leonini l'una contro l'altra se non si osservava l'orario  convenuto.

Nessuna portava l'orologio, ma sapeva leggere nel sole  o nel cielo  o nell'ombra l'ora che le toccava.

Nel fiume le donne andavano a lavare i panni; d'estate ogni otto o quindici giorni; d'inverno una volta al mese o  a fine stagione; perché d'estate il cambio di biancheria avveniva una volta alla settimana; d'inverno le coperte di lana (le mante), o quelle di stracci (fringi) vi restavano per tutta la stagione. (continua)