D'estate, nelle ore calde, si cercava un po' di refrigerio nelle stradine aperte, negli incroci per godere del ponentino.
Erano ore di riposo, di chiacchiere, di piccoli lavori e di spidocchiamento. Era facile vedere una ragazza con la testa poggiata sulle ginocchia materne e la madre aprirle lentamente le ciocche e avventarsi sul parassita stringendolo tra le dita e schiacciandolo poi con voluttà tra le unghie dei pollici.
Il lavoro continuava per ore cercando di liberare i capelli di quei piccoli semini bianchi che la femmina vi aveva attecchito con tanta arte. Erano infatti a uguale distanza, ma uno a destra e l'altro a sinistra. Si prendeva il filo di capello dall'alto e tenendolo stretto tra le unghie si scivolava sino in fondo, liberando al vento le uova che non avrebbero più generato.
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