domenica 3 gennaio 2016

Giochi di ragazzi

Con la polvere da sparo, mista a pezzi di tegole o mattoni finemente macinati con un sasso, riempivamo i bossoli di ferro, residui bellici, che poi facevamo esplodere. Così un nostro coetaneo, Domenico Cuda, perse (fortunatamente) solo la mano sinistra, e finì all'Istituto Don Gnocchi di Roma come invalido per residuati bellici.


Un giorno giocavamo a stecca ed eravamo in tre a rincorrerci. Si faceva la conta per scegliere chi per primo dovesse rincorrere e toccare uno degli altri giocatori e il toccato sostituiva il precedente. Eravamo io, Tonino Coltellaro e Franco Porchia. Stavamo giocando nel piazzale davanti alla chiesa di San Nicola, in restauro. Il piazzale era delimitato da una serie di colonne collegate tra loro da una ringhiera di ferro. Ma a una colonna mancavano due ferri verticali, momentaneamente coperti da una setacciera per la rena, che era stata malamente appoggiata, e dai due lati si poteva entrare e uscire. Mentre rincorrevo Tonino, lui si mise dietro la setacciera e io mi parai davanti per toccarlo appena fosse uscito. Sembravamo due pugili sul ring che si studiano. Tonino cercava il momento giusto per uscire dall’involontaria trappola, ma a causa di un movimento maldestro perse l’equilibrio, cadendo nel buco creato dai due ferri mancanti e precipitò nel vuoto. Io e Franco, impietriti, corremmo giù per il viottolo con il cuore in gola, ma dopo un salto di 6 o 7 metri Tonino era miracolosamente in piedi, anche se acciaccato e indolenzito. A fatica tornammo su, e in pochi minuti si sparse la voce di quanto era accaduto. Le donne arrivarono davanti alla chiesa portando candele votive per l’avvenuto miracolo. Dopo qualche settimana Tonino si riprese. 

 Dal libro di Enzo  Butera: a domani 

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