martedì 16 dicembre 2014

Un popolo di camminatori

A Conflenti  agli inizi del  Novecento  i mezzi di trasporto erano quasi inesistenti. C'erano  persone che  utilizzavano i muli,  le giumente, gli asini,  ma si trattava certanmente di pochi privilegiati; la maggior parte della gente era obbligata a spostarsi a piedi. Si andava lontano o vicino, di notte o di giorno, senza lamentarsi e si camminava per ore. Moltissime donne, a quell'epoca, non portavano scarpe e il cammino, per loro, era naturalmente più faticoso. Quasi tutti i terreni coltivati: orti, castagneti, vigne, frutteti erano fuori dal  paese e  i proprietari vi si recavano più volte al giorno. La legna, le donne andavano a cercarla nei terreni del demanio al Reventino.  Almeno due - tre ore di cammino.  Alcuni scolari, in campagna, per  raggiungere la scuola dovevano camminare per chilometri. Quando c'era un funerale, gli abitanti delle contrade dovevano sobbarcarsi un viaggio estenuante per accompagnare il morto sino  al cimitero di Conflenti. Lo facevano con qualsiasi tempo (se c'era  neve trasportavano la bara facendola scivolare su una specie di slitta rudimentale).  E dovevano affrontare lo stesso  percorso quando si svolgeva un matrimonio, quando c'era da sbrigare una pratica in municipio, quando occorreva andare dal medico.


Grispeddrare, cestai, barilai partivano all'alba e facevano un lungo tragitto per andare a vendere i loro prodotti nei paesi vicini::  Martirano, San Mango, Motta Santa Lucia, Nicastro. Qualche volta   si spingevano sino a Cosenza e Catanzaro.C'erano studenti  che quotidianamente  andavano e rientravano da Nicastro, passando per Acquavona e scendendo o salendo  per Rametta.  Un percorso che richiedeva tre o quattro ore di cammino sia all'andata che al ritorno. I contadini, sempre a piedi,  si recavano ai mercati di Soveria e Decollatura per vendere i loro ortaggi. I proprietari  di negozi  andavano a rifornirsi della merce da vendere a Nicastro. Tra essi  Emilio Paola (poi  insegnante di matematica e sindaco di Conflenti) che   provvedeva da solo a portare  al suo tabacchino piccole quamtità di  sale e tabacchi. Gli animali comprati alla "fera d'a Cucuzza",  a Decollatura, avevano tutto il tempo per conoscere i nuovi padroni perché dovevano affrontare il viaggio sino alla nuova destinazione attraversando Marignano, petra u vecchiariaddru, Salicara, Pastine e Tiermini.
 Generalmente questi viaggi  si facevano in compagnia e la fatica si sentiva meno. Si conoscevano le scorciatoie e si guadagnava sul tempo di percorrenza.  Però c'era anche chi s'avventurava da solo per lunghi viaggi.
Uno di  questi era Luciano Villella.
Di professione faceva il calzolaio ma era abile in moltissimi altri lavori. Era anche un ottimo innestatore e veniva chiamato spesso per prestare la propria opera nei paesi del circondario. Quando doveva recarsi a Cosenza,  invece di percorrere i sentieri che  attraverso la valle del Savuto, da Motta Santa Lucia e Scigliano, portavano alla città e che abitualmente facevano i nostri compaesani,  preferiva  l'itinerario che partiva da Decollatura e seguire, sino a destinazione, la via ferrata. Un percorso più lungo e più pericoloso. Bisognava  attraversare molte gallerie  e c'era la possibilità che il treno arrivasse all'improvviso.  Per Luciano il viaggio era ancora più rischioso  perché  era sordomuto. Egli però aveva trovato la soluzione che probabilmente gli salvò più volte la vita, facendolo arrivare sempre incolume a destinazione. Portava con sé  un bastone che ogni tanto faceva strisciare sui binari e che gli permetteva di  percepire l'approssimarsi del treno. Quando ciò succedeva, si fermava e dopo il passaggio della locomotiva, riprendeva  il suo viaggio. Concluso il suo lavoro a Cosenza  ritornava a Conflenti ripercorrendo la stessa via che aveva fatto all'andata. Naturalmente sempre in compagnia del suo bastone. 

1 commento:

Anonimo ha detto...

iu cridu a tuttu chiddu ca tu amisu ppe lejire iu sacciu tantu de chisti sacrifici e ddecchiu e de chiddi ca tu ai scrittu tanti ricuardi tante mimorie de u tiampu che fu acca si tu vo sapire me subbenute quattru lacrime alluacchi a lejire de jiuarni passati thankyou grazie assai-assai bonu natale a tutti i cujientari.e bona furtuna puru ari parianti do cacamile e serrad'acino