giovedì 24 luglio 2014

Ritorno a casa

Il primo giorno.


Stamattina mi sono svegliato presto. Fuori c'è già la luce che filtra attraverso le finestre. Qui il sole sorge sempre prima rispetto al Nord. Inconsciamente ho atteso che mia madre mi portasse il caffè. Come ai vecchi tempi. Ma mia madre non c'è più già da tempo. All'inizio mi sono stupito di trovarmi in un luogo non abituale, poi ho riconosciuto la mia vecchia casa. La casa dell'infanzia.


 Ho cominciato a guardarmi intorno e il mio sguardo si è posato sul soffitto. Uno dei vecchi soffitti di un tempo; con le travi e le assi che sostengono il cemento. Più volte tinteggiato a calce. Col tempo alcune parti dell'intonaco si sono scrostate e n'è venuto fuori un universo di figure. Personaggi vari che una volta, riempivano il mio mondo infantile. C'erano soldati, principesse, angeli e diavoli che lasciavano andare a briglia sciolta la mia fantasia. Ogni sera, prima di dormire le passavo in rassegna tutte quante, poi mi soffermavo su una tra tutte e questa mi accompagnava durante i miei sogni notturni. C'era la mia principessa con cui facevamo dei grandi balli a corte, un bellissimo cavallo nero, il diavolo e tanti altri. Ed ecco lì sulla trave a destra, quasi a metà c'è ancora Martino, il mio fido scudiero di un tempo. Porta l'elmo ed ha ancora una lancia. Ha anche un lungo mantello. Con lui partivamo insieme per paesi lontani in cerca di avventure. E' rimasto lì ad aspettarmi per anni. M'ero quasi dimenticato di lui. Eppure di imprese ne abbiamo fatte tante. Abbiamo attraversato montagne, guadato fiumi; cavalcato su estese pianure. Quante battaglie abbiamo fatto insieme, uscendone sempre vittoriosi. Lui, lo scudiero, mi ha salvato da tante situazioni difficili. Ricordo che una volta da soli abbiamo spazzato via un'intera armata. Scesi all'improvviso da una montagna ci siamo lanciati a spada sguainata contro un esercito che bivaccava a valle e che si preparava ad assaltare il nostro castello. Sembravamo due forsennati, due torrenti in piena. Le nostre spade roteavano come mulinelli. Seminavamo morte e distruzione. Teste e braccia mozzate erano dappertutto. Cavalli e gente fuggivano. Poi d'improvviso il silenzio. E noi due trionfanti, grondanti di sangue e di sudore, ritornare al castello.
Eravamo invincibili. Mai una scalfittura.
Ed eccolo di nuovo che il mio fido scudiero si materializza. Dopo tanti anni, eccolo ancora armato di tutto punto a propormi nuove avventure. E' sempre lo stesso. Con l'energia di sempre. Alto, forte, agile sul suo cavallo. Io, no. Non ho più la forza e l'entusiasmo di un tempo. Tento di avvicinarmi per chiedergli scusa per l'assenza di tutti questi anni. Ma chissà perché non riesco ad accostarmi. Lui non parla. Anche con l'elmo abbassato sento che mi guarda. Mi aspetta. Come sempre mi vuole spingere all'azione. Come se il tempo non fosse passato. Si volge indietro e mi fa cenno di seguirlo. Io mi sento bloccato. Non ho armi e non ho il cavallo. Lui, invitante, si allontana, ritorna più volte, poi infine capisce ch'è tutto inutile e senza una parola sparisce lontano. Diventa un punto sempre più piccolo che si confonde con l'orizzonte. Ed io mi sveglio.
                                                                            Antonio Coltellaro

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