sabato 3 dicembre 2011

Via del Fiume



Via del Campo di  F. De Andrè


 

Via del Fiume


 Tra le tante vie che dal paese portano al fiume ce n’è una, chiamata in dialetto “’a via d’u Fiego”.  All’inizio di essa c’era una  fila ininterrotta di case a un piano e in una di queste, tanto tempo fa, abitava una donna che, tra le altre cose,  faceva anche la prostituta. 


Era una cosa che nel paese tutti sapevano e  di cui nessuno si scandalizzava. Accanto al barbiere, al sarto, al calzolaio, per un certo tipo di necessità avevamo  anche la prostituta. Tra l’altro, la signora,  era una donna timorata di Dio; andava a messa tutte le domeniche  e si faceva  il segno di  croce ad ogni suono di campana e quando passava  davanti a una chiesa o a una cappella. Nella sua casa, frequentata soprattutto di notte, c’era un viavai di gente che entrava, sfogava le proprie voglie, pagava  e se ne andava. Una specie di self service dell’amore.  Aperto a tutti: giovani e anziani. Particolarmente utile ai giovani di allora per la loro iniziazione.
La porta della casa, secondo i momenti, restava aperta o chiusa. Aperta quando nell’interno non c’erano clienti, chiusa nei periodi di attività. Chi ci andava lo sapeva  e  quindi, secondo i casi, entrava  o rimandava la visita a più tardi. Era difficile che si verificassero ingorghi e incontri imbarazzanti tra parenti e amici.
Una sera uno dei frequentatori  abituali, forse per l’effetto del vino che aveva bevuto o per distrazione, dimenticò la regola e trovando la porta chiusa, credendo di aver sbagliato si avvicinò alla porta accanto che,  per l’afa estiva, era rimasta eccezionalmente aperta.  Entrò, si spogliò e si diresse verso il letto, chiaramente visibile perché allora tante case avevano una sola stanza per tutti gli usi:  cucina,  camera da letto e bagno.  S’infilò tra le lenzuola e si pose accanto alla donna che gli girava le spalle e saporitamente dormiva.  Cominciò a toccarla: prima alle braccia, poi al seno poi ancora più giù, scoprendo e soffermandosi sulle dolci sinuosità  del corpo di lei. La donna, in stato di dormiveglia, scambiandolo per il marito, dimostrò di gradire le carezze. Forse sognando e ricordando dolcezze di un tempo lontano, si girò e  si lasciò andare allungando le gambe e, manifestando, almeno apparentemente, di voler collaborare.  L’uomo si avvicinò sempre di più, e,  incoraggiato dall’atteggiamento di lei, ormai eccitato accelerò gli  avvenimenti  ponendosi sul  corpo della donna. E fu allora che si ruppe l’incantesimo: quest’ultima, forse per il peso dell’uomo, di mole superiore a quella del marito, forse per quel qualcosa che le era finito tra le mani e alle cui dimensioni non era più  abituata si svegliò di colpo e accese la luce.  Scoprì allora che un estraneo era entrato nel suo letto. Lanciò un urlo e si alzò velocemente. Riempì d’insulti  l’uomo che, dopo un attimo di stupore, capì l’errore e completamente nudo,  con … la coda tra  le gambe, fu costretto alla fuga.
Il giorno dopo la donna raccontò l’avvenimento, arrabbiata,  così diceva, perché un uomo aveva osato entrare nella propria casa, cercando di disonorarla. Le malelingue però sostenevano che forse era ancor di più dispiaciuta per essersi lasciata sfuggire una buona occasione per riscoprire le gioie dell’amore.
  
                                                                                                                           Antonio Coltellaro

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