giovedì 18 febbraio 2010

'u mastru - Apprendistato

A lu mastru

Li mammi 'ndi mandavanu  a lu mastru
pemmu 'mparamu arti e ddocazioni
e nui cotrari arretu a nnu pilastru
'ndi stavamu assettati bboni bboni.

Di tantu ntantu jemu a la funtana
pemmu pigghiamu acqua de 'mbiviri
si nno sulu la sira, a la campana,
cercàvamu permessu di nisciri.
Dominica puliti e pettinati
Ndi  ndi jemu a lu mastru novamenti
speranndo ca corcosa ndi rigala.

Chi nci volia di supa pemmu cala!
E quandu ndi dicia ca no 'nc'è nenti
scappàvamu a la casa 'mpuzzunati.

 Vincenzo Ammirà  (dialetto vibonese)

mastru: maestro (indica colui che già conosce il mestiere e lo insegna  agli altri)
cotrari : ragazzi (in altre parti della Calabria: quatrari)
a la campana: al suono dell'Ave Maria
supa: sopra
calare: scendere
'mpuzzunati: sconfortati





Jire a ru mastru  significava andare ad imparare un mestiere. Una volta  a Conflenti ( ma anche in tutta la Calabria) ci andavano la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze. Dai sette anni in su. Soprattutto nel pomeriggio, se al mattino si frequentava la scuola. Si andava da cestai, barilai, barbieri (varvieri), falegnami, forgiari,  calzolai, sarti, stagnini (quadarari).  Solo a Conflenti Superiore, sino agli anni cinquanta, si contavano, una ventina tra cestai (cistari) e barilai (varrilari). Anche i sarti (custulieri) e i calzolai (scarpari) erano numerosi.
Non sempre era facile  essere accettati  come "discipuli".  Bisognava farsi raccomandare e corteggiare a lungo "' u mastru".  Una volta entrati si cominciavano a fare, gradatamente, vari lavori che, col tempo, portavano i discipuli a diventare essi stessi  mastri.
Oltre l'obiettivo di permettere ai ragazzi d'imparare un lavoro c'era anche quello di non lasciarli soli in mezzo alla strada.
I mastri, spesso e volentieri, allungavano qualche schiaffo ai discipuli.
All'inizio i ragazzi venivano esclusivamente  utilizzati  per fare pulizie o commissioni. Poi s'incominciano a dare dei lavoretti e, lentamente, specialmente dai sarti, si creava, secondo le capacità e l'anno d'arrivo, una  gerarchia.  Una volta imparato il mestiere ci si poteva  mettere in proprio.
Non sempre i mastri, per evitare concorrenza, insegnavano tutti i segreti.
I discipuli non ricevevano alcuna paga e solo di tanto in tanto i mastri regalavano qualche cosa. Qualche lira i ragazzi la prendevano  quando consegnavano il prodotto finito al proprietario.

Traduzione della poesia:

Le mamme ci mandavano dal  mastro
per imparare arte ed educazione
e noi ragazzi dietro ad un pilastro
ce ne stavamo seduti buoni, buoni

di tanto in tanto andavamo alla fontana
per prendere acqua per bere
e solo a sera, al suono della campana
chiedevamo il permesso di uscire.

Domenica puliti e pettinati
andavamo dal mastro nuovamente
sperando che qualcosa ci donasse.
Quanto tempo impiegava per uscire!
e quando ci diceva che non c'era niente
scappavamo a casa  dispiaciuti..

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